#ISRAELHAMASWAR. È la fine di Hezbollah in Libano?

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Secondo gli analisti militari della social sfera afferente al Libano: “Aoun e il governo libanese hanno accettato l’estensione della presenza israeliana per 22 giorni fino al 18 febbraio, indebolendo l’accordo di cessate il fuoco che annunciava esplicitamente che gli israeliani sarebbero rimasti al massimo per 60 giorni”.

E ancora commentano: “Indebolendo l’accordo di cessate il fuoco e accettando un’estensione, hanno aperto la strada agli israeliani per chiedere ulteriori estensioni che l’amministrazione degli Stati Uniti accetterà volentieri e poi farà pressione sul Libano affinché le adotti”.

Hezbollah ha già detto che rifiuta l’estensione, ma non ha agito perché non si trovano in una situazione favorevole, oltre 2000 dei loro combattenti esperti sono stati uccisi, altrettanti sono feriti, i comandanti della vecchia guardia sono stati tutti uccisi. Il sostegno dell’Iran non può più seguire la strada della Siria, vista la caduta di Assad e una nuova amministrazione molto vicina ad Israele. Politicamente poi sembra che il nuovo primo Ministro stia facendo di tutto per annichilire i parlamentari di Hezbollah, negando loro i ministeri che avevano sempre gestito, finanze e urbanistica. I funzionari americani hanno trasmesso a Salam e Aoun il messaggio che Hezbollah non dovrebbe partecipare al prossimo governo. Samir Geagea in una dichiarazione del 31 gennaio ha detto: “Siamo favorevoli a che il ministero delle Finanze questa volta venga assegnato a uno sciita, ma non a qualcuno legato a Hezbollah e al movimento Amal”.

Secondo gli stessi account: “Il ritiro ha segnali. Non ne vediamo nessuno. Continueranno ad agire come se tutto fosse normale mentre Israele viola il cessate il fuoco anche a condizioni che escludono la parte del ritiro”. “L’attacco a Beqaa è un atto di guerra. L’area non è né a sud del fiume Litani, né è armata. Attaccare le strade per presunto contrabbando è inaccettabile, figuriamoci attaccare e uccidere persone a Janta”.

Tra i motivi del silenzio di Hezbollah va annoverato, in base a indagini compiute con metodologia OSINT nella social sfera Twitter e Facebook, anche anche il fatto che oramai molti libanesi non solo giustificano la presenza e gli attacchi israeliani in Libano o prendono in giro gli attacchi aerei contro aree in cui vivono le famiglie di Hezbollah, ma chiedono apertamente, in sede di discussioni pubbliche, di togliere il lavoro a chi è sotto il cappello di Hezbollah, anche nello stato libanese, di mettere i leader di Hezbollah in prigione e affermano sulle piattaforme social che sperano che Israele continui la guerra e che stermini il popolo di Hezbollah. 

Antonio Albanese e Graziella Giangiulio

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