Nakba Day 2014

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PALESTINA – Ramallah 16/05/2014. La marcia dei palestinesi nell’anniversario della Nakba, letteralmente “catastrofe” cioè la rievocazione storica dell’estromissione degli abitanti arabi della Palestina dai loro territori, anche quest’anno ha provocato scontri e morte.

Le sirene di Ramallah a mezzogiorno di ieri hanno rotto il silenzio per 66 secondi a simboleggiare il numero degli anni della loro tragedia. Un popolo che lotta dal 1948 e non rinuncia al diritto di ritornare nelle proprie case.
Manifestazioni e cortei si sono svolti sia in Cisgiordania che nella Striscia di Gaza. Due palestinesi di 15 e 17 anni sono rimasti uccisi in uno scontro con le truppe israeliane, il numero dei feriti è incerto, i militari hanno dichiarato che il loro intervento era precauzionale per disperdere i manifestanti che lanciavano pietre contro un checkpoint, versione che risulta però poco credibile secondo le dichiarazioni del dottor Samir Saliba, capo del dipartimento di emergenza al Ramallah Hospital, che ha detto che i due ragazzi sono stati uccisi da due proiettili mirati al petto. Il portavoce della polizia israeliana Micky Rosenfeld sostiene invece che le truppe sono intervenute per disperdere i manifestanti solo con mezzi antisommossa e proiettili di gomma, comunque le indagini sono ancora in atto. Anche un cameramen di al-Arabiya, Toufiq Saliba, a Gerusalemme è stato picchiato e arrestato dalla polizia israeliana durante le riprese per il canale “Nakba day”.
Israele si fa forte delle sconfitte inferte agli eserciti degli stati arabi che avevano attaccato dopo la proclamazione dello stato ebraico dichiarato il 14 maggio del 1948, che costrinse più di 700mila palestinesi a fuggire dando vita al conflitto arabo israeliano ancora aperto. Da parte palestinese il messaggio è chiaro e sostiene che ogni rifugiato ha il diritto di scegliere il suo destino, compreso il ritorno e il reinsediamento nello Stato di Palestina, senza tralasciare comunque la necessità di un accordo di pace.
«È tempo per i leader di Israele di capire che non c’è patria per i palestinesi tranne la Palestina, ed è qui che ci fermeremo», ha detto il presidente palestinese Mahmoud Abbas alla trasmissione sul Nakba Day nella serata di mercoledì e ha aggiunto »È tempo di porre fine all’occupazione più lunga nella storia moderna». Ha inoltre confermato le intenzioni di porre fine alle divisioni interne ai palestinesi, facendo esplicito riferimento agli accordi siglati con Hamas negli ultimi periodi. I colloqui di pace con Israele non hanno sortito alcun effetto e lo dimostra il fatto che Tel Aviv non intenda in assoluto accettare il riavvicinamento di Fatah con Hamas, che potrebbe determinare un punto di svolta per la questione palestinese, e si oppone da sempre ad un ritorno in massa degli esuli perché chiaramente andrebbero ad inficiare sulla maggioranza all’interno di quel territorio, ha offerto di accettare un numero ristretto di profughi insistendo sul fatto che gli altri dovrebbero insediarsi in un futuro Stato palestinese creato nell’ambito di un accordo di pace o nei paesi dove vivono. Ci chiediamo quale stato, che attualmente accoglie i profughi, sarebbe mai disposto a cedere una parte della sovranità del proprio territorio per offrirlo alla creazione dello Stato di Palestina e inoltre quale stato potrebbe mai accettare di concepire la propria autonomia facendo riferimento a uno stato frammentato e suddiviso in piccole porzioni di territorio concesse da stati lontani e differenti.