ISRAELE. Il grande vantaggio dalla caduta di Assad

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Israele appare come la potenza che sta traendo il massimo vantaggio dalla caduta del governo di Assad. Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) sono avanzate nel Golan, prendendo gran parte delle alture e posizionandosi a soli 20 km da Damasco. La zona di Al Qunaytrah sembra destinata a cadere presto sotto il loro controllo. 

Nel corso della settimana successiva alla caduta di Assad, Israele ha bloccato il flusso di armi dall’Iran verso il Libano, neutralizzando siti militari e depositi di armi in Siria e distruggendo le difese antiaeree. Raid mirati hanno disabilitato i sistemi di difesa aerea siriani e messo fuori servizio numerosi siti nelle province di Damasco, Daraa, Latakia e Hama. 

A meno di 48 ore dalla caduta di Assad, l’esercito israeliano aveva già colpito il 70-80% delle capacità militari del regime siriano, secondo quanto riportato dalla Radio dell’esercito israeliano l’11 dicembre. Un totale di 350 aerei da combattimento ha attaccato obiettivi da Damasco a Tartus, distruggendo dozzine di aerei, sistemi di difesa aerea e depositi di armi. 

Il Capo di Stato Maggiore Generale e il Ministro della Difesa hanno approvato una modifica alle linee guida operative nelle alture del Golan settentrionali, passando da attività parziali a piena operatività. Il comandante della 210ª divisione ha dichiarato: “La nostra missione è chiara: proteggere i residenti delle alture del Golan e tutti i civili israeliani”. 

Parallelamente, la 769ª Brigata continua a condurre operazioni per neutralizzare le minacce dei siti terroristici di Hezbollah nei pressi del confine con Israele, nel Libano meridionale. Durante queste operazioni, i soldati hanno scoperto un grande deposito di armi, tra cui lanciamissili Kornet, fucili AK-47, caricatori e missili nascosti in terreni montuosi. Hanno inoltre localizzato e confiscato una base di lancio di missili anticarro utilizzata per attacchi contro le comunità dell’Alta Galilea. 

Le Forze di Difesa Israeliane continuano a condurre operazioni strategiche in Siria e lungo il confine. La 474ª Brigata Combat Team, composta da unità di ingegneria, mezzi corazzati, paracadutisti e reparti speciali Egoz, è impegnata in missioni di difesa in aree chiave. Durante queste operazioni, i paracadutisti hanno individuato una vasta gamma di armi, tra cui missili anticarro, giubbotti antiproiettile e munizioni. Inoltre, stanno lavorando al rafforzamento delle barriere ingegneristiche lungo il confine siriano per garantire la sicurezza degli abitanti israeliani, in particolare quelli residenti nelle alture del Golan. 

Le implicazioni politiche e territoriali di queste operazioni sono significative. Israele sembra sfruttare la fragilità dei fronti orientali per consolidare la propria posizione nella regione. Secondo alcuni osservatori, questa fase potrebbe rappresentare un’opportunità per Israele di avanzare ulteriormente nei propri obiettivi geopolitici, inclusa la neutralizzazione della minaccia rappresentata dall’Iran.

L’Iran potrebbe essere prossimo ad attacchi, come indicato dal primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu il 12 dicembre. Netanyahu ha rivolto un messaggio diretto al popolo iraniano, accusando i loro leader di aver investito oltre 30 miliardi di dollari per sostenere il regime di Bashar al-Assad in Siria. Ha sottolineato che, dopo appena 11 giorni di guerra, il regime siriano è stato significativamente indebolito, definendolo “ridotto in cenere”. Durante una conferenza stampa, Netanyahu ha ribadito il suo approccio risoluto nei confronti dell’Iran, minacciando le basi nucleari iraniane e dichiarando l’intenzione di disinnescarle.

Queste dichiarazioni segnano un’escalation nella retorica israeliana e suggeriscono un potenziale intensificarsi delle tensioni nella regione. Israele sembra essere al centro di una strategia volta a rafforzare la propria potenza e a consolidare il controllo territoriale, sfruttando le difficoltà interne dei suoi avversari regionali. Le prossime settimane saranno cruciali per comprendere l’evoluzione di questo scenario e le sue ripercussioni sulla stabilità del Medio Oriente.

Maria Elisabetta Papa

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