Reykjavik in piazza per il referendum UE

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ISLANDA – Reykjavik. 26/02/14. Nella capitale dell’Islanda, Reykjavik, si è tenuta la più grande manifestazione della storia del Paese: fonte Lenta.ru. Riuniti davanti al Parlamento a 3500 persone. La gente è arrivata il 24 febbraio nella capitale per protestare contro il governo, che ha deciso di abbandonare il referendum promesso per l’adesione del paese all’UE.

Tuttavia, molti islandesi non intendono difendere l’adesione all’Unione europea. Storicamente, l’approccio islandese di un’Europa unita è stato prudente, questo però, non ha impedito di partnership produttiva. L’Islanda è un membro dello Spazio economico europeo sin dal suo inizio nel 1994, nel 2001 è  entrata a far parte della zona Schengen. Tuttavia, l’idea di unirsi all’UE non sembrava essere attrattiva per gli islandesi. 

Per lungo tempo la prima fonte di reddito nazionale era la pesca, principale voce anche dell’export. Tuttavia nel tempo l’incremento del PIL è venuto dal settore bancario. l’Islanda era nel 2000 tra i leader mondiali nel reddito pro-capite. In una tale situazione il paese non aveva interessi ad unirsi all’Unione europea. Ma la posizione di Reykjavik è cambiata radicalmente nel 2008, quando la crisi finanziaria ha colpito l’Islanda. Il governo ha dovuto salvare con urgenza dal collasso le tre maggiori banche che sono state nazionalizzate. Un vero stillicidio per l’Islanda. I tassi di cambio con l’euro erano scesi di due volte. E proprio in questo periodo nasce l’affetto islandese per la UE. 

L’idea di aderire alla UE è diventata cara all’opposizione guidata dai socialdemocratici, che hanno condotto una lunga campagna in favore dell’integrazione europea. Quando nel 2009 il governo di centro-destra guidati dall’Independence Party e il Partito Progressista, ha dato le dimissioni i socialdemocratici hanno spinto per l’integrazione con l’unione europea. Nello stesso anno Reykjavik ha fato richiesta di adesione all’Unione europea, e nel 2010, ha iniziato i negoziati di adesione.

Nel frattempo, i socialdemocratici hanno portato il Paese fuori dalla crisi economica. Il governo ha ottenuto il prestito dell’FMI e ha imposto misure di austerità. Anche se ha iniziato a dare i suoi frutti, i rating di fiducia nelle autorità non è migliorato. E mentre gli islandesi facevano i conti con il taglio della spesa pubblica, Gran Bretagna e Paesi Bassi si rifiutavano di risarcire i danni all’Islanda. Questo ha di nuovo allontanato gli islandesi dall’Europa. La crisi economica europea ha fatto il resto. Infine a freddare definitivamente i rapporti con la UE gli accordi sulla pesca. Islanda e Norvegia hanno intrapreso così una guerra sulla quota di sgombero da poter pescare, guerra dei numeri che non ha mai portato le due nazioni a un tavolo delle trattative. L’argomento pesca è quello che ha creato i maggiori problemi per i trattati di adesione con la UE. Durante i negoziati, che sono durati per più di tre anni, Reykjavik ha disperatamente cercato di contrattare per i termini di concessione, che indica che la pesca è alla base dell’economia del paese. In questi tre anni il centro-destra ha promesso dunque di chiamare il popolo a scegliere se stare in Europa o meno. Ma una volta al governo nel 2013 il centro destra islandese ha fatto retromarcia. Alla fine il governo ha deciso di proporre, Venerdì, 21 febbraio, un disegno di legge per revocare la domanda di adesione all’UE, e con l’abolizione del referendum promesso. Da qui l’organizzazione di una grande manifestazione. In cui i cittadini hanno detto: «Io protesto contro il fatto che il partito che è salito al potere, è venuto meno alle sue promesse … Ho anche contro l’adesione all’UE, ma penso che la gente ha bisogno di fare la sua scelta». Secondo i sondaggi, contro l’integrazione europea c’è il 60 per cento della popolazione, e molti di loro, a quanto pare, anche venuto al palazzo del parlamento.