Quale Islam ci spaventa?

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ITALIA – Roma 28/02/2015. Alla presentazione del suo libro, È questo l’Islam che fa paura?, Tahar Ben Jelloun ha avuto il merito di spiegare quella che è la visione musulmana del mondo, ovvero spiegare con gli occhi di un musulmano marocchino quello che sta succedendo. Alcune posizioni non sono condivisibili, ma sono comprensibili.

Moderatore dell’evento era Giorgio Zanchini, giornalista Rai. 
In Italia l’Islam moderato sembrerebbe non prendere abbastanza le distanze dal terrorismo. Si ripresenterebbe quanto successo nel corso degli anni della Guerra Fredda, ovvero una mancata presa di distanze marcata nei confronti del terrorismo delle Brigate Rosse. Ci si pone però la domanda: perché questo Islam moderato, se realmente esiste, non alza maggiormente la voce?

Ci dobbiamo prima porre la domanda: la violenza fa parte della religione? Secondo me la risposta è sì! La violenza è il frutto della passione religiosa, non solo nella religione musulmana. Basti pensare che i cristiani oggi vivono in pace, ma ci sono stati nel corso della storia del cristianesimo diversi episodi di violenza, per esempio le crociate. 

Anche l’Islam, ai suoi inizi, ha dovuto combattere, ma il termine Jihad ha prima di tutto un senso metafisico: il combattimento verso se stesso nella sottomissione a Dio. Il secondo senso è stato quello di una Jihad per la propria difesa. Il terzo è stato legato alla Jihad per la conquista dalla Medina alla Mecca. Infine il quarto senso è quello della Jihad rivolta all’attacco: ovvero per difendersi dagli attacchi, i musulmani dovevano attaccare. Questo però è un discorso del VII° secolo dove l’attacco era nei confronti delle tribù beduine che attaccavano i musulmani.

L’IS che osserviamo oggi non è legittimo all’interno dello studio del Corano e dell’impostazione religiosa dell’Islam, ma utilizza le armi moderne per imporsi e astrarsi dal contesto religioso.
Il Corano è stato scritto sulla base dei racconti del Profeta e di quello che è stato tramandato oralmente. Il testo coranico è stato scritto sulla spinta del terzo Califfo (644-656), Uthman bin Affan, che ne guidò la stesura sulla base del rasm iniziale nel corso dei primi sei anni di regno. Sulla base di questo testo sono iniziate le divergenze tra due scuole:
Una prima scuola portata alla lettura del testo in modo letterale;
Una seconda scuola, maggiormente razionalista, portata ad una lettura metaforica;

Ovviamente la prima scuola ha vinto nell’impostazione.
Alla metà del 700, Muhammad Ibn al Wahhab, fondatore del wahhabismo e dell’impostazione neo hanbalita dell’Islam che portò all’istituzione del sunnismo vero e proprio, impose una lettura più rigida del Corano (nel solco della tradizione hanbalita) e instaurò realmente la Sharia (ovvero la legge islamica basata sui due testi sacri: il Corano e la Sunna – quelle consuetudini riportate dei comportamenti del Profeta). Questa scuola hambita/wahhabita si è sviluppata essenzialmente in Arabia Saudita e grazie ad essa si è sviluppato il sentimento e lo Stato saudita nel corso dei secoli.
In Marocco la scuola di riferimento è invece quella malikita, che corrisponde ad un interpretazione meno dura del testo coranico e della Sunna. Questo perché la corrente hanbalita/wahhabita si è sviluppata successivamente al malikismo. In effetti, delle quattro madhab sunnite, o scuole teologico-giuridiche, il malikismo rappresenta la seconda scuola di riferimento in ordine temporale (dopo la scuola hanafita) e si è sviluppata in tutta l’area magrebina, mentre l’hanbalismo è la quarta ed ultima scuola.
Secondo l’autore i membri dell’ISIS sono degli ignoranti. Alla creazione di questa sorta di nuovo califfato, Al Bagdadi ha fatto un discorso molto forte e l’errore principale è stato da parte delle istanze religiose dei vari paesi musulmani di non rispondere asserendo che Al Bagdadi diceva il falso, soprattutto da un punto di vista teologico. Successivamente, la colpa è di quegli ignoranti dei paesi del Golfo che hanno finanziato IS, non i paesi stessi, ma i privati pieni di soldi che pensano che l’Islam debba espandersi in tutto il mondo.
In realtà, il problema nasce al momento dell’invasione americana dell’Iraq nel 2003. Con l’invasione è stata anche smantellata la struttura militare irachena. Molti degli ufficiali sono adesso tra le fila dell’IS perché avevano perso tutto e IS cercava chi potesse combattere per loro, pagandoli. Quindi inizialmente si trattava di un’accozzaglia di ex militari delinquenti che si sono riuniti, pagati dai paesi del Golfo, in una sorta di impresa di gangster. Poi i giovani sono stati sedotti e chiamati a raggiungerli.
Ma come è stato possibile?
Torniamo al discorso sulle nuove tecnologie. La propaganda dell’IS è fatta benissimo. Presentano dei video violenti che piacciono ai giovani che si proiettano nella realtà virtuale di questi video. Così facendo arrivano a sognare direttamente di proiettarsi realmente in questa realtà violenta. Ecco, si tratta di questo, del mistero della seduzione. Un mistero che ha portato 15mila giovani ad andare a combattere per IS.
Questo segreto, questo mistero, è stato quello di trasformare l’istinto di vita, insito in ogni uomo e in ogni religione, in un istinto di morte, meglio: in un istinto di morte da dare agli altri. Si è arrivati a questo risultato travisando i concetti dell’Islam, anzi: mettendoli da parte.
Faccio un esempio: la bandiera nera del Califfato. Questo concetto non è mai esistito nella storia dell’Islam. La bandiera è sempre stata verde, come quella dell’Arabia Saudita, perché rappresenta la fertilità, il verde dei pascoli (…). Peraltro, se si va a leggere quanto scritto sulla bandiera nera ci si rende conto che non è neanche la Shahada quella scritta, ma una sua versione modificata. È una cosa stupida! È da ignoranti fare una cosa del genere!
La grande responsabilità di questo è dei paesi del Golfo: se fosse esistita e avessero sviluppato una tradizione reale di democrazia, non saremmo mai arrivati a tutto questo. L’inizio di questa tragedia è avvenuto nel 1952 con la presa di potere di Nasser in Egitto. Da quel momento, il cancro si è sviluppato in tutto il Medio Oriente (prima lo sviluppo del nazionalismo arabo che ha risvegliato poi l’integralismo). Questo orrore era quindi prevedibile: il non rispetto delle libertà e dei diritti dell’uomo ha portato a queste barbarie.
Il carico successivo ce l’ha messo Obama che di fronte alla crisi siriana invece di intervenire, si è tirato indietro, quindi si sono tirati indietro i paesi europei e Assad ha potuto fare quello che voleva. Peraltro, Assad è stato consigliato da Putin che ha capito come distogliere l’attenzione da Assad stesso. Il piano di Putin prevedeva la creazione di un gruppo islamista e di armarlo, e così hanno fatto andando a prendere gli straccioni in Iraq di cui prima. In tal modo, la comunità internazionale avrebbe potuto dire, e dice: meglio Assad degli islamisti. Quindi siamo arrivati ad avere la guerra in Europa con i terroristi in Francia, Belgio, Danimarca …
Questo dimostra anche la stupidità dei servizi di intelligence europei, in particolare i francesi che non hanno capito nulla di quello che stava succedendo, prima, durante e dopo gli attentati a Charlie Hebdo. Non sono stati in grado di fare il loro lavoro. Certo, dopo essersi riconciliati con il Marocco le cose sono andate meglio, perché l’intelligence marocchina è molto ramificata e molto forte.

Nei confronti del conflitto arabo-israeliano, in Europa i musulmani hanno la sensazione che si impieghino due pesi e due misure diversi tra israeliani e palestinesi?

L’occidente in questo momento, e l’Europa in particolare, sono paralizzati da una crisi economica e soprattutto politica. Se si fa riferimento alla Francia e all’Italia, la sinistra francese e quella italiana sono qualitativamente deplorevoli. Allora ci si pone la domanda: l’Europa è pronta a inviare i propri uomini, i propri figli, in zone di combattimento, a morire in Siria o in Libia? Aggiungo: mentre Daesh continua a perpetrare le proprie malefatte?
Per quanto riguarda il rapporto con Israele è chiaro che i giovani che si trovano nelle banlieues non capiscono. Un giorno Hollande afferma il suo sostegno senza mezzi termini a Israele. Il giorno dopo passa in Parlamento il sostegno alla creazione di uno stato palestinese. Diventa difficile capirci qualcosa.
L’arma fatale oggi è l’anti semitismo: appena uno parla contro Israele diventa anti semita. È proprio questo che i giovani non capiscono ed è proprio questo che crea giovani islamici fondamentalisti. Di fatto i musulmani non si sentono ascoltati dallo Stato, quindi si parlano solo tra di loro.

La separazione tra Dio e Stato è molto difficile, la libertà di espressione sembrerebbe di no. Se si pensa che in Italia la blasfemia era reato fino agli anni 70, nel mondo islamico è la ragione principale per menare le mani. Se si vanno a leggere i vari commenti che sono stati scritti dopo l’attacco a Charlie Hebdo, per molti italiani sembrerebbe quasi che se la sono andata a cercare. Qui è il nodo della discussione tra libertà di fede e quella di espressione. Secondo lei?

Nel leggere la storia della Francia ci si accorge che il pensiero francese ha sempre seguito una sua evoluzione. Con i vari Montaigne, Voltaire, Montesquieu, Hugo, Zola (ecc …) è stato introdotto in Francia lo spirito sacro della libertà di espressione, che ha avuto la sua realizzazione con la rivoluzione del 1789. Non credo che in Italia siate ancora arrivati a quel punto.
Nel 1905 in Francia è avvenuto un drastico cambiamento: è stata sancita la separazione tra lo Stato e la Chiesa. Non si trattava solo di questioni religiose, ma anche di educazione, di sanità ecc … Questo spirito particolare alla Francia, nessun musulmano potrà mai capirlo realmente. Gli immigrati che sono arrivati in Francia dopo la decolonizzazione si sono trovati di fronte ad un piatto pieno di spezie, spesso con accostamenti sbagliati, che non c’entrano nulla tra di loro o troppe spezie messe insieme. Questi immigrati hanno fatto capire che non sono pronti a rinunciare alle loro tradizioni.
Per i musulmani, a seguito degli attacchi feroci di Charlie Hebdo contro la Chiesa e il Papa, il settimanale non rispettava il proprio Dio, perché avrebbe mai potuto rispettare il loro, quindi che senso avrebbe discuterne.
Per la direzione di Charlie Hebdo la risposta era semplice: non ci importa, noi siamo liberi.
La laicità è una forma di libertà grazie alla quale ognuno fa quello che vuole della propria coscienza. La Tunisia è l’unico paese dell’area, musulmana e in particolare magrebina, dove la libertà di coscienza è un diritto. È l’unico paese dove non solo si può credere al Dio che si vuole, ma anche non credere in nessun Dio. In Marocco non è possibile. Però questo fa capire che la religione deve essere inserita nei limiti del privato, ciascuno secondo le proprie tradizioni e liturgie.
Per arrivare al rispetto, bisogna lavorare sulla cultura. Bisogna insegnare nelle scuole la storia delle religioni, ma anche la storia delle libertà. Così facendo si costruisce realmente il rispetto, e bisogna togliere dai libri di scuola ogni riferimento al fanatismo. Un indicatore riguardo al fanatismo è vedere nei manuali la posizione della donna, perché i primi integralismi sono sempre nei confronti delle donne.
Nel Corano e nella Sunna si hanno le risposte precise che Dio dà al Profeta rispetto a domande precise che lui fa. Per quanto riguarda il velo, il riferimento è al racconto di una donna che chiede al Profeta come comportarsi. In effetti, d’estate, in Arabia fa molto caldo d’estate e le donne andavano a fare la spesa la sera o di notte per non morire di caldo. Il problema era che di notte, nelle strade della città le sole donne presenti erano le prostitute e spesso le donne che andavano a fare la spesa venivano scambiate per meretrici. Allora il Profeta disse loro che per differenziarsi dovevano mettersi il velo, per coprirsi diversamente dalle prostitute che ostentavano la loro femminilità per i loro sporchi affari. Però il velo dell’epoca non ha nulla a che vedere con il porto del velo attuale e ancora meno con il velo integrale, che sono retaggi della tradizione afgana o pachistana. Non c’entra nulla! Anzi, secondo me il velo è una moda, ma non ha nulla a che vedere con gli islamisti.
Il problema del razzismo in Francia è che la guerra d’Algeria non è finita. Cioè lo è nei fatti, nelle date, ma non lo è nelle menti e nella memoria dei francesi. Qui si trova il fondamento del razzismo in Francia.
Quindi come si può realizzare una laicizzazione nei paesi musulmani? Bisogna a mio avviso seguire l’esempio della Tunisia di Bourguiba, quel grande presidente che ha lanciato, nonostante le problematiche su molte libertà, il Paese verso il futuro, molto prima rispetto agli altri paesi magrebini, quindi non parliamo neanche di quelli arabi. Poi, quel delinquente di Ben Ali è riuscito a fare forse la giusta riforma, forse una l’unica che sia riuscito realmente a fare: quella dei manuali di scuola in versione laica. In effetti, Ben Ali ha chiesto ad un filosofo tunisino (nome non comprensibile) che gli ha detto: “Farò questi nuovi manuali, ma voglio avere carta bianca, sennò non faccio nulla”. Ben Ali fu d’accordo e dopo tre anni di lavoro i nuovi manuali furono pronti. Questo ha rappresentato un grande passo avanti.
Invece se si guarda alla Turchia, è stato cancellato ogni riferimento all’arabo, dalle lettere ai numeri. Ataturk ha turchizzato tutto per rendere il Paese laico andando quasi a cercare di fare astrazione della religione nella società. In Turchia non si può portare il velo nelle istituzioni, come le scuole, e le figlie di Erdogan sono dovute andare in America per studiare potendo portare il velo. Ad oggi la laicità in Turchia è in pericolo.