Il bazar della violenza di ISIS

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ITALIA – Roma 05/08/0214. ITALIA – Roma 05/08/2014. Il polemologo statunitense John Robb, autore di testi sulla guerra non convenzionale, ha pubblicato nei giorni scorsi una serie di interessanti riflessioni sul fenomeno Isis, alcune condivisibili e altre meno.

Per Robb, «Isis non è uno Stato e non è la ribellione tipo. È molto più interessante. Isis è un mercato, un bazar della violenza, ed è in rapida espansione» Per Robb la definizione di bazar della violenza, data alcuni anni fa, indica «una combinazione di denaro “locale e globale” che finanzia una serie diversificata di gruppi, ognuno con le proprie modalità di funzionamento e motivazioni. I gruppi tutti in competizione condividono risorse, intelligence e fondi. Espandono la loro portata operativa con l’uso di mercenari dilettanti.
Un bazar della violenza è un segno distintivo della guerriglia globale. Quando uno stato crolla, come ha fatto in Iraq, le guerriglie globali arrivano rapidamente con denaro e violenza. Attraverso questo finanziamento, la violenza terroristica facilita la rottura delle infrastrutture; i guerriglieri globali creano le condizioni per la creazione di un bazar di violenza. In sostanza, il bazar è una proprietà emergente delle operazioni di guerriglia globali all’interno di uno Stato fallito o crollato. Una volta creato, si basa su se stesso e crea una dinamica che è quasi impossibile da distruggere».
Per Robb, questo è Isis che «finora, è stato un grande successo:
• opera liberamente in un’area più grande rispetto alla maggior parte dei paesi limitrofi (e ha un sacco di petrolio),
• sta attirando un numero crescente di organizzazioni e individui,
• è un successo finanziario e di auto-finanziamento (…)».
Per Robb, Isis non sta creando delle istituzioni statali, non è un governo: «Questo successo è dovuto al fatto che Isis non sta cercando di costruire uno “stato”. Non è un governo. Si tratta di un bazar in una zona autonoma. Opera al di fuori del sistema globale. Non vuole essere uno Stato (fatto che lo renderebbe vulnerabile). Questo bazar è stato costruito per un unico scopo: l’espansione perpetua e la guerra continua.
Cosa sia un bazar della violenza, Robb (a destra) lo aveva chiarito qualche anno fa: «È dove una combinazione di denaro locale e globale che finanzia una serie di gruppi, ognuno con le proprie modalità di funzionamento e motivazioni. Gruppi sono in competizione ma condividono risorse, intelligence, e fondi; espandono la loro portata operativa con mercenari dilettanti. Il bazar della violenza è un segno distintivo della guerriglia globale. Quando uno stato crolla, come ha fatto in Iraq, la guerriglia globale arriva rapidamente con denaro e violenza. Attraverso il finanziamento, arriva la violenza terroristica, e la rottura delle infrastrutture; i guerriglieri globali creano le condizioni per la creazione di un bazar della violenza. In sostanza, il bazar è una proprietà emergente delle operazioni di guerriglia globale all’interno di uno Stato fallito o crollato. Una volta creato, si perpetua e crea una dinamica che è quasi impossibile da distruggere».
Si tratta di affermazioni che vengono, però a nostro avviso, contraddette dagli stessi fatti ed atteggiamenti che lo Stato Islamico sta ponendo in essere nei territori conquistati: dai passaporti alla creazioni di distretti, dai tribunali alla raccolta dei fondi locali e così via. Lo stato Islamico si è posto l’obiettivo di andare oltre gli Accordi Sykes – Picot che “disegnarono” il Medio Oriente arabo come noi lo conosciamo oggi per ritornare all’unità precedente alla Prima guerra mondiale.
«Per mantenere in piedi le cose» persegue Robb «Isis offre una governance minimalista, decentrata. La vita quotidiana è governato da un semplice insieme di regole: la Sharia». Qui a nostro avviso, Robb dimostra un suo limite: una sottostima della potenza del dato culturale e religioso che può impregnare una società confessionale.
«La partecipazione è aperta a quanti siano disposti a vivere sotto la Sharia ed essere così in grado di espandere il bazar a nuovi settori» afferma Robb e andando a sviscerare la parte più “militare” della questione così si esprime: «Le strategie e le tattiche usate da Isis sono open source. Qualsiasi gruppo o individuo le può condurre, purché in grado di dimostrare che funzionino. Armi e tecnologie necessarie per la guerra sono sviluppate, condivise in rete e distribuite tra i partecipanti ad un ritmo molto veloce (…) il lavoro del mercenario è incoraggiato». Video, podcast e blog, infatti, per la diffusione delle informazioni tattiche sono infatti lì a dimostrarlo. E nuovamente, afferma Robb, «ancora una volta, quando viene creato, un simile bazar è quasi impossibile da eliminare».