La postmodernità di Daesh

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ITALIA – Roma 28/05/2015. Sul blog di Pierre Piccinin, Le Courier du Maghreb et de l’Orient, appare una interessante riflessione sulle probabili radici profonde della fascinazione dello Stato Islamico sui giovani occidentali e occidentalizzati.

Piccinin afferma, specificando che non si tratta dell’unico motivo che «la desocializzazione e il dilagante e letale liberalismo economico non spiegano tutto, naturalmente … ma i candidati per la jihad non sono solo gli “incapaci”, gli esclusi dalla società dei consumi. Ma per alcuni, lo Stato islamico si è presentato come la “chiave” per la fuga dalla mediocrità dal modello imposto loro dal capitalismo mondiale».
Piccini afferma che: «la globalizzazione e l’industrializzazione hanno prodotto in maniera massiccia nel mondo un precariato giovanile, atomizzato, senza prospettive di un lavoro con cui sostenersi e che fosse socialmente utile, hanno prodotto una cultura distorta, è aumentato il fenomeno dello sradicamento famigliare, sociale, nazionale, psicologico, identitario, religioso, ideologico (…) inducendo un “nuovo nomadismo” che in realtà è solo esacerbato individualismo privo di marcatori stabili politici o ideologici».
Accanto a queste chiavi sociologiche, il professore belga aggiunge un’altra variabile: quella degli interessi geopolitici d’Oltreoceano: «Si dovrebbe in questo contesto anche discutere del fenomeno dei “combattenti per la libertà” (qualificati così dai presidenti Carter e Reagan) provenienti da tutto il mondo musulmano e che costituivano la prima formazione “jihadista” la cui portata arriva fino ad oggi. Al tempo della prima guerra in Afghanistan, infatti, che ha avuto inizio nel 1978, la CIA, per generare un “Vietnam russo” ha promosso lo sviluppo di fazioni di “mujaheddin”, il cui primo compito è stato quello della “lotta al comunismo” assassinando nei villaggi afgani insegnanti e infermieri inviati dal governo centrale. Una pratica che, come in America Latina, si è ripetuto poi in Algeria, con l’Unità 192 nel 1990, dopo che il governo aveva annullato le elezioni che avevano dato la vittoria agli islamisti (le squadre la morte dello Stato algerino sono passate da un villaggio all’altro, eliminando gli oppositori della dittatura militare) e in altri paesi restii all’ordine mondiale dominante e improvvisamente assaliti da un’orda di nuovi arrivati arrivati dalla periferia sia la periferia del proprio paese, ma anche quella dell’estero».
E più avanti aggiunge: «Questo è ciò che fa la differenza fondamentale tra questi movimenti e altri, islamici e non, come il vecchio Olp, Hamas, Hezbollah, l’IRA, I guerriglieri latino-americani, ecc, che hanno avuto le loro dinamiche interne, di liberazione nazionale. Ricordiamo a questo proposito che l’ex ambasciatore americano in Honduras, dove ha diretto le operazioni dei Contras in Nicaragua era John Negroponte che è stato nominato dopo il 2003 … ambasciatore a Baghdad. Probabilmente per i suoi servizi leali resi agli Stati Uniti nella lotta contro i rivoluzionari centroamericani, proprio mentre in Iraq stavano affrontando quindi un movimento di resistenza armata nazionale iracheno, patriottico, transconfessionnale e secolare. E improvvisamente arrivò al-Qaeda nella terra dei due fiumi! (…)
Daesh quindi ormai ha completato la fase della postmodernità. Per convincersene basta vedere i video degli orrori, in termini di violenza, “suspense” e professionalità che arrivano a superare il maestro in questo campo: Hollywood».