Khalimov e le mine vaganti di Daash

86

ITALIA – Roma 22/07/2015. Agli inizi del mese di giugno il comandante delle forze di intervento rapido della polizia tajika colonnello Gulmurod Khalimov è passato armi e bagagli nello Stato Islamico.

Khalimov (nelle foto), ricorda il centro studi sul fenomeno Isg in una recente analisi centrata sui riflessi statunitensi della defezione del colonnello era il capo dell’Otryad mobilny Osobogo Naznacheniya (Omon) tajika. Assieme a lui hanno saltato il fosso altri 10 operatori Omon, scelti personalmente da Khalimov. Isg starebbe identificandoli uno ad uno ma non sa se altri “dormienti” siano rimasti nel paese. Per chi fosse meno avvezzo agli acronimi russi, Omon è grossomodo l’equivalente della Swat (Special weapons and Tactics) statunitense, cioè una squadra d’assalto tattico della polizia. Il gruppo che ha seguito il coltello Khalimov sarebbe esperto e addestrato nella protezione di Vip; era la squadra messa a protezione del presidente tajiko,della sua famiglia e dei dignitari stranieri.
Purtroppo ricorda Isg «i governi tagiko e degli Stati Uniti non hanno la minima idea di quanti ragazzi Khalimov si sia lasciato alle spalle, sanno solo che qualcuno è rimasto nel paese per un scopo specifico. Ancora peggio, il governo degli Stati Uniti continua a minimizzare questa minaccia». Khalimov, una volta entrato nello Stato Islamico, sarebbe stato messo a capo di un campo di addestramento nella provincia irachena di Anbar assieme a tutto il suo gruppo di “inquadratori”; sono poi girate in rete notizie sulla sua morte o sul suo grave ferimento e recupero a Raqqa. Allo stato si sa che Khalimov è vivo e vegeto e Isg aggiunge: «Le nostre fonti nello stato iracheno dicono che il campo si trova a Ramadi ed ha formato 60 reclute per l’eventuale impiego in Germania, Francia e Belgio». Khalimov, era il responsabile della sicurezza presidenziale fino al suo defezionamento e la sua storia è interessante: Khalimov era stato licenziato dal ministero degli Affari interni (Vkd) dall’allora ministro Abdurahim Qaharov nel 1990. Successivamente è stato rimesso al suo posto dal successore, Ramazan Rahimov. Era stato licenziato, su denuncia dei alcuni suoi sottoposti, per le sue opinioni islamiche estremiste. Il suo reinsediamento e la sua collocazione al vertice Omon non è conosciuta. Durante il suo nuovo incarico, è stato molto vicino vicino al presidente Emomali Rahmon e a suo figlio, e prima della sua defezione, contro Khalimov era stato aperto un nuovo procedimento sempre per gli stessi motivi del precedente.
La sua nuova posizione gli ha doto la possibilità di poter essere addestrato da russi e statunitensi, ironicamente, per “scongiurare minacce jihadiste”. Il presidente tajiko è in carica dal 1992 e il regime teme la crescente insoddisfazione nei confronti del sua politica e teme che la presenza di fonti gruppi etnici islamici militanti nel paese lo abbiano per questo scelto come obiettivo. Le difficile situazioni socioeconomiche del Tajikistan e la percepita oppressione della comunità musulmana rende facile la radicalizzazione di ampie fette della società tajika. Negli arresti sempre più numerosi compiuti da Turchia e da altri stati dispersore che cercano di passare dall’altra parte, i tajiki sono un percentuale elevata. Lo Stato Islamico afferma che ci sono 300 mujaheddin tajiki nelle sue fila. Stabilità una testa di ponte nell’AfPak e nel Caucaso, arrivare a creare grossi guai in Tajikistan è una eventualità semplice da ipotizzare e da realizzare, sul modello di quella siriana. La figura carismatica di Khalimov resta un punto fermo in questo scenario di balcanizzazione centroasiatica.