IRAQ. Rischio collasso socio-economico

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Parlando di Iraq si parla spesso di questioni settarie. Ma al giorno d’oggi anche il settarismo si è evoluto e non senza sostegno esterno. In Iraq negli ultimi mesi gli sciiti si stanno impossessando dei beni e delle moschee storicamente sunnite. Sotto il silenzio della comunità internazionale. È successo a Salah al Din e ora è successo a Baghdad.

Non solo, a spingere verso un conflitto civile la trovata statunitense che vuole unire i Peshmerga: sta addestrando 28 brigate e vuole insediarle nella zona del Kurdistan dove abitano quelli del PDK e dell’UDK, Barzani e Talabani, che non li vogliono e non li vogliono nemmeno le minoranze sunnite e turkomanne. Le proteste ci sono già a Erbil e sulla strada Erbil – Kirkuk. Proteste che possono sfociare in un conflitto da un momento all’altro. Nel frattempo il partito democratico del Kurdistan e l’Unione democratica del Kurdistan stanno litigando proprio sulla questione Peshmerga.

Sempre in Kurdistan è in atto anche lo alloggiamento delle armi e dei partiti curdi-iraniani. L’accordo Iran-Iraq prevede il disarmo e il riallocamento di questi personaggi in altre aree non ben definite, ma comunque in Iraq.

Non poteva mancare la questione delle milizie sciite filo iraniane che al momento stanno litigando con quelle sciite irachene. I litigi avvengono non per motivi settari ma per motivi economici. Non essendoci più un controllo territoriale in Iraq c’è un controllo per bande dove gli unici a potersi muovere tra queste milizie sono i clan tribali. Le milizie chiedo il pizzo, occupano spazi, terreni case di persone scappate dalla guerra oppure semplicemente prendono quello che vogliono perché spesso non vengono pagati e così lo stipendio lo creano. Il traffico più in voga è quello del Captagon tra Siria e resto del Medio Oriente. Un miliardo di pillole sequestrate, pari a sei campi da football coperti di droga figuriamoci quella veduta. A seguire il traffico di petrolio rubato agli oleodotti, attraverso dei buchi, il traffico di organi ed esseri umani prelevati dai campi di sfollati.

Della questione sanitaria non ne parliamo: colpa a Sulaymaniyya. Casi di Cancro Fallujah e Diyala – aree sotto i bombardamenti di proiettili all’uranio impoverito – e ancora ospedali di Ninive senza farmaci per malattie croniche e cancro.

La Turchia merita un capitolo a parte: non vuole pagare la multa comminata dal tribunale internazionale sulla questione del petrolio per questo ha chiuso con varie scuse il porto Ceyhan mettendo in ginocchio non solo l’import export di prodotti petroliferi iracheni, ma mondiale, ha chiesto inoltre all’Iraq di sterminare tutti gli uomini del Pkk, ha chiuso i rubinetti dell’acqua sia sull’Eufrate, tramite la Siria, sia sul Tigri, l’Iraq, la Mesopotamia storica, sta diventando per un terzo desertificato.

Maddalena Ingrao

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