IRAQ. La strategia USA per isolare l’Iran passa per l’energia irachena

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Baghdad si trova a navigare in acque sempre più agitate sul fronte energetico e, di riflesso, politico. La decisione degli Stati Uniti di porre fine alle esenzioni che permettevano all’Iraq di importare gas dall’Iran ha innescato un’ondata di valutazioni strategiche e timori concreti. Una mossa che, pur rientrando nella strategia di “massima pressione” contro Teheran, rischia di destabilizzare ulteriormente un Paese già alle prese con equilibri interni precari e una posizione geopolitica delicata. L’Iraq dipende, infatti, fortemente dal gas iraniano per alimentare le sue centrali elettriche, importando circa il 40% del suo fabbisogno energetico da Teheran.

L’annuncio, sebbene non ancora formalizzato con comunicazioni ufficiali al governo iracheno, ha messo in moto la diplomazia e la pianificazione d’emergenza. Il portavoce del governo, Bassem al Awadi, ha cercato di stemperare i toni, ribadendo il rispetto reciproco tra Baghdad e Washington e l’obiettivo iracheno di raggiungere l’autosufficienza energetica entro il 2028. “Non ci sono pressioni o minacce su di noi e l’Iraq non accetterà questo tipo di relazioni con nessun paese,” ha dichiarato al Awadi, sottolineando la volontà di Baghdad di mantenere un dialogo aperto con tutti i partner internazionali. Tuttavia, le parole rassicuranti non bastano a dissipare i timori di una crisi energetica imminente, soprattutto alla luce delle statistiche parlamentari che evidenziano forti discrepanze tra le entrate derivanti dall’elettricità (3,5 trilioni di dinari) e quanto effettivamente incassato dallo Stato (solo 400 miliardi di dinari). Questa inefficienza nel sistema di riscossione aggrava ulteriormente la vulnerabilità del Paese .

Dietro la decisione statunitense si cela una visione critica e senza sconti. Il rappresentante repubblicano Joe Wilson ha definito l’esenzione per l’acquisto di energia iraniana un “completo disastro” che deve finire completamente e definitivamente. Washington punta il dito contro la dipendenza irachena dal gas iraniano, una dipendenza che si acuisce nei mesi estivi, quando Teheran è spesso costretta a interrompere le forniture a causa di proprie carenze. Il sito web americano Real Clear Energy ha sottolineato che l’Iraq è ormai più vicino al raggiungimento dell’indipendenza energetica e che gli Stati Uniti devono aiutare l’Iraq in estate, dato che l’Iran interrompe ripetutamente le forniture di energia all’Iraq a causa della carenza. Una situazione paradossale che, secondo gli Stati Uniti, giustifica un intervento deciso per spingere l’Iraq verso l’indipendenza energetica.

Ma l’Iraq è realmente pronto a tagliare i ponti con Teheran? La Commissione parlamentare per il petrolio e il gas ha espresso forti dubbi, avvertendo che al momento non esistono alternative praticabili al gas iraniano e che il Paese rischia una crisi generalizzata nella fornitura di elettricità. La perdita delle importazioni di gas iraniano potrebbe causare una perdita di oltre 8.000 megawatt alla rete elettrica, secondo il Ministero dell’Elettricità iracheno. Di fronte a questa prospettiva allarmante, Baghdad sta esplorando diverse opzioni. Sul tavolo ci sono il Qatar e l’Oman, come potenziali fornitori di gas alternativi, e l’importazione di gas naturale liquefatto (GNL) attraverso piattaforme galleggianti. Il Ministero del Petrolio prevede di importare circa 600 milioni di piedi cubi di GNL attraverso piattaforme galleggianti nei porti iracheni, fornendo circa 4.000 megawatt di elettricità.

Parallelamente, il governo iracheno punta a rafforzare i collegamenti elettrici con i paesi del Golfo, la Giordania e la Turchia, e ad accelerare i progetti per aumentare la produzione interna di gas. Il primo ministro Mohammed Shia al Sudani ha presieduto una riunione per discutere il piano di fornitura di elettricità per la prossima estate e dare seguito all’implementazione di progetti petroliferi strategici, tra cui l’estensione di un nuovo gasdotto per la centrale di Bismayah e l’accelerazione dei progetti di energia solare. La riunione ha deciso di estendere un nuovo gasdotto per trasportare il gas dal distretto di al Mahmoudiyah alla città di Bismayah, con una lunghezza di 40 km, per fornire gas, in modo che la stazione di Bismayah possa funzionare durante l’estate a piena capacità. Una corsa contro il tempo, che dovrà fare i conti con le resistenze interne e le pressioni esterne.

La decisione degli Stati Uniti ha un peso politico non indifferente. Secondo il quotidiano Asharq Al-Awsat, questa mossa dimostra che Washington non fa distinzioni tra Iraq e Iran e che sta usando l’Iraq come strumento di pressione strategica contro Teheran. Il quotidiano kuwaitiano al Siyasa ha riferito che l’Iran ha stabilito un nuovo asse in Iraq con l’obiettivo di affrontare la nuova situazione in Siria, aggiungendo un ulteriore livello di complessità alla situazione. Il Ministro degli Esteri iraniano ha dichiarato che Teheran si impegna a collaborare con l’Iraq per rimuovere gli effetti della decisione statunitense sull’interruzione dell’importazione di gas dall’Iran.

La posta in gioco è alta. Per l’Iraq, la fine dell’esenzione sul gas iraniano rappresenta una sfida cruciale per la propria stabilità energetica e politica. La domanda resta, quindi, se Baghdad sarà in grado di diversificare le proprie fonti di approvvigionamento e a superare, quindi, le resistenze interne e a gestire le pressioni esterne. La risposta a questa domanda determinerà il futuro energetico del Paese e il suo ruolo nello scacchiere geopolitico regionale. Il 2028, anno in cui l’Iraq punta all’autosufficienza energetica, appare oggi un traguardo ambizioso, forse troppo. La capacità dell’Iraq di navigare in queste acque dipenderà dalla sua abilità nel bilanciare gli interessi di potenze regionali e globali, e dalla sua determinazione nel riformare il proprio settore energetico.

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Elisa Cicchi