IRAQ. La morte del Wali Daesh e la debolezza di Baghdad

325

Il 21 gennaio a partire dalle 08.51 in Iraq, le testate locali hanno cominciato a postare notizie su un duplice attentato suicida a Baghdad. In centro al mercato dei vestiti, Tayaran Square, dove vi era un ampio spazio dedicato ai vestiti militari anche usati. Alle 23.51, dopo 15 ore Daesh, ha rivendicato l’attacco sottolineando di aver colpito uomini delle PMU, milizie sciite irachene, vero obiettivo di Daesh. A morire 32 persone e almeno 110 i feriti. Di questo attacco Daesh ne ha ampiamente parlato il 22 gennaio con una info notizia A’Maq e poi il 29 gennaio in una infografica di al Naba numero 271, settimanale dello Stato Islamico. Si tratta del peggior attacco subito dall’Iraq a Baghdad degli ultimi tre anni.

Per l’Iraq e per il governo guidato da Mustafa al Kazemi, il 21 gennaio è stato davvero il giorno più lungo dal suo insediamento, avvenuto a maggio 2020. Alle 14.44 il premier e Comandante dell’Esercito, al Kazemi, aveva già convocato una riunione di emergenza della sicurezza di Baghdad e irachena e aveva licenziato i leader e sostituiti con altri generali. Purtroppo però la sua immagine come premier dell’Iraq è rimasta molto danneggiata.

La falla nella sicurezza c’è stata. Come lui stesso ha ammesso. Subito i suoi detrattori hanno approfittato per parlare delle sue mancanze, mentre da tutto il mondo arrivavano le condoglianze per il grave attacco all’Iraq. I primi a fare le condoglianze gli iraniani e i sauditi a seguire gli statunitensi e tutto il mondo arabo e le rappresentanze diplomatiche presenti in Iraq.

Al Kazemi ha promesso subito una vendetta e ha dato vita a una operazione, annunciata dall’ufficio stampa della Security Cell, il generale Yaya Rasoul, come: operazione in vendetta per i martiri di Baghdad. La presidenza ha poi firmato un decreto per compiere 370 esecuzioni tra i condannarti a morte nelle carceri irachene. Fatto questo che scosso le coscienze occidentali e di molti iracheni mentre le forze politiche più rappresentative come State of Law di al Maliki hanno detto che la pena di morte è un assoluto per l’Iraq.

L’operazione, in vendetta dei martiri, voluta dal premier ha portato nella giornata del 28 gennaio alla morte di Abu Yaser al-Issawi, un comandante dello Stato islamico, uno dei più vecchi combattenti di ISIS in Iraq, Emiro in Iraq. Al Kazemi ha parlato di un vicecaliffo, ma Daesh non ha mai avuto dei vice del Califfo solo dei comandanti di alto livello. L’uomo sarebbe stato ucciso a ovest di Kirkuk. Le nostre eroiche forze armate hanno eliminato il comandante Daesh (Stato islamico) Abu Yaser Al-Issawi come parte di un’operazione guidata dall’intelligence, ha twittato Kadhimi. E ancora si legge: Ho dato la mia parola di perseguire i terroristi Daesh, abbiamo dato loro una risposta clamorosa.

Questo risultato però agli occhi degli iracheni non ha portato prestigio, anzi ha mostrato un lato della sicurezza irachena di un Giano a due teste: quando vuole sa agire e quando non vuole sa torturare.

Sì perché in Iraq sotto gli occhi della comunità internazionale da 17 anni è in corso una pulizia etnica e un cambio demografico forzato a Baghdad, Kirkuk, Salahuddin, Ninive, Muthanna, e altre province. Gli ultimi dati sono evidenti: fosse comuni nelle aree gestite dalle milizie compaiono orami ogni giorno con persone scomparse tra il 2014 e il 2019. E a Mosul sul lato Sinistro sempre le Milizie hanno preso possesso di 70 dunum di terreno e ci hanno messo 400 famiglie di Amara.

Nel frattempo Daesh ha promesso di estendere i suoi attacchi an partire dalle regioni in cui è presente: Anbar, Ninive, Diyala, Salahudddin, Kirkuk, Baghdadad zona nord e Babilonia.

Gli iracheni dunque sono stretti nella morsa della violenza: a nord Daesh; al centro Daesh e le milizie sciite al sud scontri tra clan e milizie armate fino ai denti che con la scusa di cacciare uomini di Daesh sequestrano, uccido si impossessano di terreno.

L’attacco do Daesh e la successiva risposta che ha portato alla morte di Jabbar al Issawi sono una timida risposta del governo per dire che lo Stato è ancora sovrano in Iraq.

Graziella Giangiulio