IRAQ. La guerra dei social prima del voto di maggio

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Le strade dell’Iraq sono piene di manifesti elettorali, tre settimane prima delle prime elezioni legislative della nazione dalla annunciata sconfitta dello Stato islamico, ma la quotidiana rivalità politica è rimasta molto viva e si è tradotta in veri atti di vandalismo attentati.

Un clima di tensione e polemica, temi familiari nella politica irachena, si è instaurato dall’inizio della campagna elettorale per il voto del 12 maggio, ma mentre la competizione politica si svolge per strada, gli animi si infiammano per le denunzie reciproche di corruzione o per le denuncia di “sciizzazione” del corpo socio-politico iracheno mosse dai sunniti. Tema centrale, ad esempio, è quello della possibilità di far votare le milizie, in gran parte sciite e filo iraniane o meno. Non sono mancati gli attentati dinamitardi contini diversi candidati le cui auto sono esplose “misteriosamente”. La campagna elettorale poi impazza sui social media iracheni: le denunce via Twitter hanno tassi di approvazione elevati, contribuendo a infiammare gli animi e il processo politico.

Ad esempio il parlamentare Zafer al Ani ha dichiarato che i partiti politici si porteranno le milizie nelle urne alle prossime elezioni per assicurarsi i voti. Hassan al Alawi, altro parlamentare, sempre via Twitter, ha dichiarato che i partiti religiosi inizieranno con gli assassinii se non prenderanno i voti necessari alle prossime elezioni. La parlamentare Norah al Bajari ha indicato che il conflitto tra blocchi politici entrerà in una nuova fase a breve, ovvero quella dell’uso delle armi per propaganda elettorale. Secondo Yazan Mishaan al Jubouri, l’attuale premier Abadi usa la sua posizione di potere per la la campagna elettorale e supportare i candidati della sua lista, sciiti.

Meno cruenta è la protesta di un gruppo di “sconosciuti” che protestano contro il processo elettorale alterando o danneggiando le immagini raggianti di politici intonacate sugli edifici delle città. Si tratta soprattuto di gruppi di giovani, local, che modificano gli slogan politici ironizzando ferocemente sulle collusioni sciite o le accuse di corruzione. È un gioco costante di gatti e topi, mentre di notte gli attivisti si intrufolavano per rimuovere o deformare i cartelloni dell’avversario e scoprire che la mattina dopo era stato affisso un manifesto nuovo di zecca al suo posto, riporta Efe.

Graziella Giangiulio