IRAQ. La crisi politica aggravata dal Covid 19

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Molti mass media internazionali stanno trattando la crisi irachena, nazione che sta vivendo una profonda crisi istituzionale e sociale oltre che politica, riporta Yaqein Media che fa una panoramica internazionale di come sta venendo fuori l’Iraq, concentrando l’attenzione sull’aspetto sanitario

Il Washington Post ha affermato che la situazione di stallo politico continua in mezzo a numerose sfide economiche, sanitarie e di sicurezza mentre il primo Ministro designato Muhammad Allawi ha annunciato il suo ritiro dall’incarico perché privo del sostegno parlamentare. Il ritiro di Allawi fa sprofondare il Paese in uno stato di incertezza in un momento critico, preso come è nella contrapposizione tra Usa e Iran. 

Inoltre, l’Iraq si trova ad affrontare molteplici sfide economiche e di sicurezza, cui si aggiunge la crisi del Covid 19, con il fallimento del sistema sanitario e il continuo aumento dei casi di malattia.

Il Daily Mail ha dichiarato che il ministero della Sanità iracheno si è rivolto al settore privato per contribuire a sostenere i costi di aggiornamento delle attrezzature e dei servizi.

Secondo il Daily Mail, cinquant’anni fa, il governo iracheno spendeva generosamente per il finanziamento della sanità. La società governativa responsabile delle importazioni di medicine, nota semplicemente come Kimadia, aveva stretti rapporti con i più grandi produttori di farmaci; oggi Kimadia non ha abbastanza fondi per coprire il fabbisogno di medicine dell’Iraq: «Nel 2018 sono stati stanziati 800 milioni di dollari dal budget statale per le medicine. L’azienda ha un debito di 455 milioni di dollari dalle aziende farmaceutiche e alla fine solo il 12% dei 535 farmaci presenti nella lista dei farmaci essenziali è stato acquistato per soddisfare la domanda».

Grazie a decisioni di acquisto più intelligenti, gli acquisti sono migliorati; il ministero della Salute si è affidato fortemente all’Oms e all’Unicef Pertanto, nel 2019, il governo ha acquistato il 52% del suo fabbisogno Gli importatori, però, riporta Reuters, hanno dichiarato che le autorità del porto di Bassora chiedono tangenti circa 30mila dollari per container per consentire l’ingresso di medicinali, anche se i documenti sono completi. Di conseguenza, oltre il 40% dei farmaci sul mercato viene contrabbandato da paesi come la Turchia, l’Iran, la Giordania, il Libano, l’India e la Cina, secondo i dati pubblici sanitari.

Maddalena Ingrao