Molte informazioni indicano che la maggior parte delle armi contrabbandate in Iraq sono entrate attraverso i porti di Bassora, in particolare il porto di Umm Qasr, oltre al confine iraniano-iracheno che sovrasta anche Bassora.
Secondo quanto riporta Yaquein Media, il porto di Umm Qasr è uno Stato nello Stato, in quanto nessuno può ignorare le mafie che controllano le banchine portuali; nel dettaglio ogni banchina nel porto è un gruppo di milizie che lo controllano.
Inoltre, nessuno osa denunciare la cosa per paura di ritorsioni. Oltre a Umm Qasr, il porto di confine di Shalamjah con l’Iran, che si trova ad est della città di Bassora, a circa 30 chilometri dal porto è la via principale per far entrare tutto ciò che è proibito in Iraq.
Grandi quantità di farmaci e armi entrano in Iraq attraverso questo porto, nel porto entrano in un mese almeno 5 container carichi di armi o munizioni e altri merci di contrabbando, nessuno può controllare il lavoro portuale, e la chiusura del porto un paio di settimane fa è venuto sotto gli ordini di Baghdad dopo che le forze di sicurezza non sono riuscite a controllare ciò che passa attraverso di esso, il porto è stato riaperto di recente sotto la pressione dei partiti e delle fazioni religiose.
Le milizie concentrano le proprie attività nel contrabbando di armi e munizioni che parte dalla Cina, passa attraverso l’Iran, per approdare con prezzi a buon mercato negli Stati Uniti e nell’Ue. Dai traffico e commercio d’armi i profitti stimati arrivano almeno 3 milioni di dollari in tre mesi, soprattuto nel mercato nero interno, soprattutto a Maridi.
«Alla luce delle recenti tensioni di sicurezza nel paese, è improbabile che una guerra civile scoppi nelle regioni centrali e meridionali dell’Iraq visto che le tribù possiedono armi pesanti e persino anti-aeree, sottolineando che la molteplicità delle milizie e delle loro appartenenze fanno sì che l’esplosione di uno scontro armato può innescare combattimenti estesi, alla luce della disponibilità di enormi quantità di armi e munizioni», riporta l’agenzia irachena.
Graziella Giangiulio