Cresce il deficit iracheno

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IRAQ – Baghdad 07/11/2014. L’economia irachena sta perdendo fino a 1,2 miliardi di dollari al mese a causa della chiusura dell’oleodotto che collega la città irachena di Kirkuk con quella turca di Ceyhan. A darne annuncio è stato proprio il Ministero del petrolio iracheno il 7 novembre.

«A causa della cessazione del pompaggio di petrolio attraverso l’oleodotto Kirkuk-Ceyhan stiamo perdendo tra i 300 e i -400mila barili al giorno, di conseguenza le nostre perdite collegate all’esportazione di greggio sono pari a una media di 1,2 miliardi di dollari al mese» riporta l’agenzia di stampa irachena Ain.

Secondo il Ministero, le esportazioni di petrolio dai campi di Kirkuk si sono fermate nel mese di aprile. Dall’inizio della guerra in Iraq nel 2003, l’attività del gasdotto è stata più volte interrotta a causa di attività terroristiche, mentre le autorità locali hanno dichiarato che l’oleodotto aveva bisogno di riparazioni.
Il Ministero ha anche ammesso che lo Stato islamico ha catturato i giacimenti petroliferi nelle zone settentrionali e centrali del paese, e che vende il petrolio iracheno estratto dalle province di Ninive e Salah al-Din.
Almeno sette campi petroliferi iracheni sono oggi sotto il loro controllo, per una capacità totale fino a 80 milioni di barili di petrolio al giorno. Il petrolio estratto dai campi di Isis è venduto di contrabbando, attraverso il confine con la Turchia e tramite intermediari, al mercato nero, fruttando allo Stato islamico tra l’uno ei tre milioni di dollari al giorno. A fine ottobre, il sottosegretario al Tesoro Usa, con delega al terrorismo e all’intelligence finanziaria, David Cohen, disse che: «Lo stato islamico è probabilmente l’organizzazione terroristica più finanziata che abbiamo di fronte». Il tesoro Usa aggiunse all’epoca che le altre fonti esterne di finanziamento giocano un ruolo di secondo piano nel sostenere l’organizzazione.
Sempre Cohen aggiunse che i metodi attualmente disponibili per prevenire il finanziamento del terrorismo internazionale non sono applicabili in questo caso perché i Isis non muove denaro attraverso frontiere nazionali ma solo attraverso attività criminali e terroristiche locali; un dato che comporta l’introduzione di nuove misure per minare le finanze dell’organizzazione.
Lo Stato islamico, infatti, vende petrolio “a prezzi notevolmente scontati” sul mercato nero tramite intermediari in Turchia, sia curdi iracheni che afferenti al governo siriano del presidente Assad, riportava il Tesoro degli Stati Uniti.