Le autorità curde hanno accusato Baghdad di aver minato i tentativi di raggiungere un accordo su aree e confini. Una volta uniti nella lotta contro lo “Stato islamico”, i curdi si sentono traditi dal governo centrale, riporta Deutsche Welle.
L’ala armata del governo regionale del Kurdistan ha detto che Baghdad «non è interessata» a dispiegare truppe federali e curde al confine con la Turchia.
In precedenza, il KRG aveva proposto un dispiegamento congiunto presso il valico strategico di Fish-Khabur sul confine iracheno-turco.
Il dispiegamento congiunto è stato «un gesto di buona volontà e un esercizio di costruzione di fiducia che assicura un accordo limitato e temporaneo fino a quando non sarà raggiunto un accordo in conformità della costituzione irachena», riportava un comunicato del Krg.
Le tensioni tra Baghdad e Erbil sono aumentate, a seguito del referendum per l’indipendenza tenutosi a settembre e ritenuto “illegale” dal governo centrale. A metà ottobre, Baghdad ha dispiegato forze nelle zone tenute dai curdi, culminate nella cattura della provincia petrolifera di Kirkuk e della sua capitale regionale.
Il primo Ministro iracheno Haider al-Abadi aveva ordinato ritorsioni economiche e militari per non aver annullato il referendum sull’indipendenza, che ha visto il 92,73% dei voti espressi a favore della separazione da Baghdad, anche nelle zone controverse.
Da quando le forze guidate dall’Iraq hanno catturato Kirkuk, il governo iracheno ha sospeso le operazioni militari in Kurdistan per raggiungere un accordo con le autorità curde.
Tuttavia, il Comando operativo congiunto iracheno ha accusato il Krg di rallentare i combattimenti per “guadagnare tempo” e per irrobustire le sue forze: «Non lo permetteremo. Le forze federali sono incaricate di proteggere le zone e i confini controversi», si legge in una dichiarazione.
Quando l’esercito iracheno abbandonò Kirkuk di fronte all’offensiva militare dello Stato islamico, le forze curde intervennero, impedendo loro di conquistare il territorio.
Da allora, i peshmerga curdi hanno aiutato le forze guidate dall’Iraq a espellere il gruppo, culminando nella riconquista della roccaforte di Mosul. Tuttavia, la violenza che ha caratterizzato la presa di Mosul ha attirato l’interesse della comunità internazionale. Il 2 novembre, l’Ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha invitato l’Iraq ad accettare la giurisdizione della Corte penale internazionale, avvertendo che i suoi tribunali nazionali potrebbero non avere il potere di rendere giustizia per “crimini internazionali”.
Tommaso dal Passo