IRAN. Teheran rischia l’iperinflazione nel 2025-2026

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La Banca centrale iraniana (Bank Markazi-ye Jomhuri-ye Eslāmi-ye Irān) ha iniettato 700 milioni di dollari nel mercato libero del forex nel tentativo di spostare il tasso di cambio del dollaro contro il rial iraniano dai suoi massimi storici

Secondo quanto riportato dal canale Telegram Khabar Foori, il 26 febbraio il mercato ha visto la coppia dollaro/rial scendere al minimo storico di poco sopra i 600.000/$ prima di assestarsi intorno ai 550.000/$. Alla fine della giornata lavorativa del 27 febbraio, il tasso era di 586.000/$, secondo il sito bonbast.com.

Stando a BneIntelliNews, ultimamente si respira un’aria di panico nella Ferdowsi street di Teheran, il tradizionale centro principale per il commercio di valuta estera, con i cittadini in preda al panico che cercano di salvare ciò che resta dei loro beni dopo l’ultima fase del crollo del rial.

L’Irna ha riferito che il Consiglio Supremo di Coordinamento Economico, presieduto dal presidente Ebrahim Raisi, si è riunito nella serata del 26 febbraio per approvare «il pacchetto proposto dalla banca centrale e il ricevimento dei poteri necessari per contenere il prezzo della valuta e mantenere il valore della moneta nazionale».

L’Agenzia ha rilevato che gli operatori di mercato puntavano a deprezzare il dollaro a circa 500.000 dollari.

In precedenza, l’economista iraniano Kamran Nadri ha dichiarato al quotidiano Donyaye Eqtesad che «i tassi di inflazione annuali a due cifre dell’Iran – come quelli del 18-20% registrati prima del 2017 e quelli del 40-50% sopportati negli anni successivi al 2017 – sono stati determinati da una ragione principale, ossia l’adempimento degli obblighi e dei doveri da parte del governo con l’aiuto della “stampa di denaro».

Ha poi aggiunto: «Quindi, la causa dei tassi di inflazione a due cifre non è il deficit di bilancio, ma il profitto ottenuto da un governo emettendo moneta, in particolare la differenza tra il valore nominale delle monete e i loro costi di produzione (…) Il ritiro dell’ex presidente americano Donald Trump dall’accordo nucleare Jcpoa ha intensificato la necessità del governo di monetizzare i propri doveri e obblighi», ha osservato Nadri.

L’economista e docente universitario a Teheran ha inoltre osservato che il deprezzamento del rial non può essere classificato come “iperinflazionistico” a causa di diversi fattori che lo differenziano dalla discesa, ad esempio, del bolivar venezuelano: «Le persone convertono rapidamente i loro contanti in beni in Iran, il governo qui non ha un debito estero interno molto alto a differenza del Paese sudamericano e l’Iran gode di un reddito fiscale significativo a differenza del Venezuela».

Nadri ha ammesso che «se venissero attuate le politiche economiche sbagliate, potremmo sperimentare un’inflazione pseudo-venezuelana nel 2025/2026».

Lucia Giannini

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