IRAN. Nello scontro Usa-Iran chi vince è Putin

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Il parlamentare iraniano, Ali Motahari, ex vice presidente del Majlis, il parlamento iraniano,  ha espresso in una serie di tweet le sue critiche alla recente visita del presidente russo Vladimir Putin in Siria, dopo l’assassinio del generale Qassem Soleimani, comandante della Forza di Quds, figura “santificata” dalle Guardie rivoluzionarie.

Motahari, descritto come un politico ortodosso con opinioni conservatrici liberali e moderate, leader del gruppo politico Tahaluf Sawt al’Uma (Coalizione della Voce del Popolo) ha detto che la visita di Putin in Siria riflette lo sfruttamento da parte della Russia dei sacrifici iraniani, e ha descritto il comportamento russo come offensivo, riferendosi al suo modo di trattare con il presidente del regime, Bashar al-Assad, soprattutto portando quest’ultimo a tenere l’incontro tra le due parti all’interno della base russa: «Il comportamento del presidente russo Putin durante il suo viaggio in Siria è stato umiliante, così come quello di Trump durante un viaggio in Afghanistan e in Iraq. Invece di andare a trovarlo, Putin ha incontrato Assad nella base militare russa in Siria. I martiri sono stati dati da altri, sfruttati dalla Russia».

Il parlamentare iraniano lo ha paragonato alle azioni del presidente statunitense Donald Trump in Iraq e Afghanistan, alludendo alla sua visione della presenza russa in Siria come una occupazione.  

In precedenza, Times of Israel  aveva sottolineato l’improvvisa visita del presidente russo Vladimir Putin in Siria, dicendo che «la visita di Putin è servita per trasmettere un messaggio inequivocabile a Teheran, dicendo che l’attuale sovrano in Siria sono i russi, e che Mosca non permetterà a Teheran di agire contro gli Stati Uniti, Israele e l’Arabia Saudita anche se sono nei territori siriani». 

Se infatti usiamo categorie di giudizio circolari orientai e non dicotomiche occidentali nell’affrontare il nuovo scenario che si va configurando dopo la morte di Qassem Soleimani troviamo che la risposta alla domanda “cui prodest?” non può che essere una sola: la Russia di Vladimir Putin. 

Come riporta Slate, i rapporti tra Washington e Teheran sono peggiorati dall’inizio del conflitto siriano e ancor più dal ritiro del presidente Donald Trump dall’accordo nucleare del 2015. Allo stesso tempo, Russia e Iran si sono avvicinati grazie alla cooperazione militare in Siria. L’influenza crescente di Mosca in Siria suggerisce che il conflitto tra Stati Uniti e Iran fa solo avanzare la potenza e la reputazione della Russia nella regione.

La Russia ha aiutato il regime di Assad a mantenere il controllo in Siria, anche se gli Stati Uniti e i suoi alleati Nato ne avevano chiesto la cacciata. Mentre gli Stati Uniti si ritirano dalla Siria, la Russia e Assad ne mantengono il controllo. Il sostegno della Russia ad Assad è iniziato come una ricerca per minare gli interessi degli Stati Uniti e guadagnare influenza in Medio Oriente. Più di quattro anni dopo, i trionfi della Russia nel conflitto includono l’allontanamento della Turchia dai suoi alleati della Nato, la sua nuova reputazione come prezioso finanziatore e l’emergere di Mosca come “kingmaker”, in realtà quindi con una grande influenza politica, economica, e militare, a spese degli Usa.

Tommaso dal Passo