L’Iran ha permesso ad alcune aziende di Teheran e delle città vicine di riaprire il 18 aprile dopo settimane di blocco per rallentare la diffusione del coronavirus. Inizialmente l’Iran è stato lento a rispondere alla pandemia e ha tenuto duro nell’imporre restrizioni diffuse anche dopo che altri paesi della regione, con un numero molto inferiore di casi, hanno costretto la maggior parte delle imprese a chiudere.
Le autorità iraniane hanno segnalato più di 80000 infezioni confermate con oltre 5000 morti. Ma molti iraniani ed esperti internazionali pensano che il governo abbia intenzionalmente sottovalutato l’entità della pandemia nel Paese. Secondo un rapporto del Parlamento iraniano, i dati pubblicati dal Paese si basano solo su quelli ospedalizzati con “sintomi gravi”, riporta Rferl.
Secondo il rapporto, il numero reale dei morti è stimato fino all’80 per cento in più e le infezioni «da otto a dieci volte» in più. Il ministero della Salute iraniano ha confermato che il tasso di infezione reale e il numero di morti potrebbe essere più alto a causa dei limitati test effettuati nel paese. Palestre, ristoranti, centri commerciali e il grande bazar di Teheran però sono rimasti chiusi, così come santuari e moschee, così come le scuole e le università, e gli incontri pubblici sono vietati.
Ma gli uffici governativi hanno riaperto con un terzo dei dipendenti che lavorano da casa. Il 18 aprile, primo giorno della settimana lavorativa iraniana, il traffico a Teheran era intenso. Una settimana fa le autorità hanno permesso la riapertura delle attività al di fuori della capitale.
I leader iraniani dicono che devono considerare le conseguenze economiche delle misure di quarantena. Il 17 aprile, gli esperti di diritti umani delle Nazioni Unite hanno chiesto all’Iran di rilasciare i prigionieri politici che rischiano di essere infettati all’interno degli affollati centri di detenzione del Paese. Teheran ha temporaneamente rilasciato centomila detenuti; ma l’Iran continua a detenere molti condannati con accuse di attentati alla sicurezza.
Luigi Medici