Open Internet a rischio

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ITALIA – Roma 20/02/2014. La neutralità della rete è il principio guida dell’Open Internet, cioè di una rete aperta. Oggi potrebbe essere messa a rischio.

È un principio fondamentale per assicurare che internet resti per i diritti umani e l’innovazione, recita la campagna lanciata da Access now. La neutralità della rete significa che il traffico sulla rete non viene discriminato, qualunque ne siano l’origine, il contenuto ed il significato.

La commissione europea ha promesso di salvaguardare il principio fondamentale della libertà di internet nel regolamento, ma il testo proposto non ne garantisce la neutralità. Se il Parlamento europeo non emenderà il testo, internet assomiglierà presto ad una tv via cavo, e gli operatori, cioè le società che la gestiscono, avranno il controllo assoluto su cosa si possa consultare in rete, fatturandone anche alcuni servizi.

Neelie Kroes, Commissario per l’Agenda Digitale, ha promesso di salvaguardare la neutralità della rete ma negli anni scorsi la sua posizione è cambiata significativamente. Con i miglioramenti giusti, l’Unione Europea potrebbe avere una legislazione stringente sulla neutralità della rete. Ora la proposta è nelle mani del Parlamento e sarà vagliata da diverse commissioni, la commissione Industria, ricerca ed energia (Itre) è la prima responsabile di questo dossier. Le modifiche introdotte in alcune commissioni purtroppo hanno aggravato i problemi della proposta della Commissione. Inoltre, la legislazione ha un calendario molto serrato, perché il Parlamento spera di concludere le negoziazioni prima delle elezioni di Maggio 2014, il che rende riduce molto il tempo per le consultazioni. Al momento, il regolamento proposto non fornisce una chiara definizione di “servizi specializzati”, interpretabili come ogni genere di servizio in rete. Ciò porterebbe alla creazione di un’internet a due velocità, nel quale certi servizi avrebbero priorità ed altri sarebbero ammassati in una corsia lenta. Come conseguenza, la libertà di comunicazione e le possibilità ed incentivi per l’innovazione sarebbero gravemente danneggiati (Articolo 2.15). Quello che serve è una chiarificazione che assicuri che i “servizi” in questione non sono «functionally identical to an online service and that it is run on a network that is entirely separate from the public internet». La definizione fornita dall’Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (Berec) afferma che questi servizi devono essere separati dall’internet di massimo sforzo e devono essere forniti unicamente all’interno della rete europea della compagnia di telecomunicazioni. Non solo la proposta della Commissione è meno chiara di questa definizione, ma aggiunge anche aggettivi come “sostanzialmente”, “generalmente” e “largamente”, termini vaghi che creano un quadro legale incerto. Il testo proposto dalla Commissione Europea darebbe agli utenti la “libertà“ di scegliere dei servizi discriminatori. Questa “libertà” sarebbe comunque negativa per gli utenti di internet ed anche per il potenziale di innovazione dell’ecosistema della rete (Articolo 23).

Quello che servirebbe è sostituire l’espressione «deve essere libero» con «ha diritto« ed assicurare che il testo non consenta ai fornitori d’accesso ad internet di introdurre dei servizi che discrimino. Non esiste una definizione di “crimini gravi” e ugualmente, non è chiaro quali “misure di prevenzione” poi sarebbero implicate. Ad ogni modo, emerge chiaramente dal contesto che “prevenire o impedire gravi crimini” implica interferenze ad hoc con le comunicazioni in rete, senza base legale (Articolo 23.5). Quello che servirebbe è l’eliminazione dell’eccezione che consente arbitrarie interferenze nella gestione dei flussi di traffico, dal momento che questo provvedimento è in patente violazione dell’articolo 52 della Carta dei diritti fondamentali.