
Giovedì scorso, il Corpo dei Marines ha aperto ufficialmente la base di Guam, che ospiterà circa 5.000 Marines e servirà come “hub strategico” nell’Indo-Pacifico.
Stando a quanto riporta Marine Times, l’attivazione di Camp Blaz rientra nei piani del Corpo dei Marines di trasferire circa 9.000 uomini da Okinawa, in Giappone, dove attualmente risiedono più di 18.000 Marines, al di fuori del Giappone a partire dal 2024.
Questo piano è nato da una decisione bilaterale del 2012 tra Stati Uniti e Giappone, che ha dovuto affrontare le pressioni dei residenti di Okinawa che volevano la riduzione della presenza militare statunitense sull’isola. Circa 3 miliardi di dollari degli 8 miliardi di dollari del progetto di costruzione della base vengono dal Giappone, riprota Kyodo News.
Negli ultimi anni il Corpo dei Marines, corpo di spedizione delle forze armate americane, ha spostato la sua attenzione sulle minacce provenienti dalla Cina. Uno degli aspetti del discusso Force Design 2030, l’ampia revisione del servizio sviluppata nel contesto di una maggiore attenzione all’Indo-Pacifico, è il posizionamento costante dei Marines nella regione per scoraggiare l’esercito cinese.
Secondo il comunicato del Corpo dei Marines, «la presenza avanzata e persistente è fondamentale per la sicurezza e la stabilità regionale nell’Indo-Pacifico», ha dichiarato il Comandante dei Marines, Gen. David Berger; «La base del Corpo dei Marines di Camp Blaz è una parte fondamentale di questa presenza. Inoltre, dimostra il nostro rapporto indiviso con il governo del Giappone».
Precedentemente nota come Marine Barracks Guam, l’installazione era stata chiusa nel 1992, ed oggi è ancora in fase di costruzione. Alcuni lavori di costruzione della base sono stati temporaneamente interrotti nel 2019 dopo che un archeologo ha portato alla luce manufatti preistorici e del XIX secolo, tra cui utensili di roccia e frammenti di ceramica. La base è stata riaperta amministrativamente nell’ottobre 2020, quando ha raggiunto la capacità operativa iniziale. Si trova nel villaggio di Dededo, nella parte nord-occidentale dell’isola.
Camp Blaz prende il nome dal generale Vicente Tomas “Ben” Garrido Blaz, il primo Chamorro, cioè indigeno delle Marianne, a diventare generale del Corpo dei Marines. Guam passò sotto il controllo degli Stati Uniti nel 1898, durante la guerra ispano-americana, e divenne ufficialmente un territorio non incorporato nel 1950. L’aeronautica e la marina statunitensi hanno già importanti basi sull’isola.
La presenza dei Marines Usa si rivela ancora piùstrategica alla luce di un appunto del generale Usaf Mike Minihan, capo dell’Air Mobility Command, vice comandante del Comando indo-pacifico degli Stati Uniti dal settembre 2019 all’agosto 2021, in cui si afferma che la guerra con la CIna ci sarà nel 2025.
Nella nota, inviata venerdì scorso e riportata da Nikkei, Nbc News e altri, Minihan afferma: «Spero di sbagliarmi. Il mio istinto mi dice che combatteremo nel 2025».
Sebbene la nota sembri riflettere il punto di vista personale di Minihan, essa evidenzia l’allarme avvertito da parte statunitense riguardo alle intenzioni di Pechino nei confronti di Taiwan
Poiché nel 2024 si terranno le elezioni presidenziali negli Stati Uniti, Washington sarà “distratta” e il presidente cinese Xi Jinping avrà l’opportunità di muoversi su Taiwan, ha detto Minihan. Il Generale ha dato istruzioni per costruire «una squadra di manovra della Forza congiunta fortificata, pronta, integrata e agile, pronta a combattere e vincere all’interno della prima catena di isole». La prima catena insulare si estende dalle isole giapponesi di Okinawa e Taiwan fino alle Filippine.
Il memorandum ordina a tutti i comandanti dell’Air Mobility Command e ad altri comandanti operativi dell’Air Force di riferire a Minihan gli sforzi di preparazione entro la fine di febbraio. All’interno delle forze armate statunitensi sono aumentate le preoccupazioni per un possibile tentativo cinese di unificare Taiwan con la forza.
Lo scorso autunno, l’ammiraglio Michael Gilday, capo delle operazioni navali, ha fornito una tempistica potenzialmente anticipata: «Quando parliamo della finestra del 2027, a mio avviso si tratta di una finestra del 2022 o potenzialmente del 2023», aveva dichiarato ad ottobre 2022 al Consiglio Atlantico.
Anche il Segretario di Stato americano Antony Blinken fece un’osservazione simile in quel periodo: «È stata presa la decisione fondamentale che lo status quo non era più accettabile e che Pechino era determinata a perseguire la riunificazione con Taiwan in tempi molto più rapidi».
Antonio Albanese