INDONESIA. Giacarta è piena di cellule dormienti Daesh

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Il capo di Stato Maggiore di Giacarta ha affermato che Daesh è presente in quasi tutte le province indonesiane, poiché il gruppo terroristico dal Medio Oriente, sta espandendo il suo punto di appoggio nel sud-est asiatico.

Il generale Gatot Nurmantyo (nella foto) ha detto che esistono una serie di cellule di Daesh «in quasi tutte le province»; ha poi osservato Nurmantyo che «sono cellule dormienti che possono facilmente associarsi ad altre cellule radicali». I militanti islamici, riporta Press Tv, hanno lanciato diversi attacchi terroristici in tutta l’Indonesia negli ultimi anni. Negli ultimi attacchi di un simili tipo, due attentati suicidi rivendicati da Daesh hanno mietuto vittime in una stazione di autobus nel sud di Giacarta il 24 maggio scorso, uccidendo tre agenti di polizia.

Le agenzie di polizia indonesiane hanno arrestato centinaia di militanti islamici durante la repressione anti islamista negli ultimi anni. Secondo quanto riferito dalla sicurezza indonesiana, almeno 400 indonesiani hanno aderito allo Stato Islamico e decine di loro sono tornati a casa.

Le osservazioni del generale Nurmantyo hanno teso a sottolineare le preoccupazioni riguardo all’aumentata influenza di Daesh nel Sud-est asiatico.

I governi di tutta la regione sono in stato di allerta costante poiché i terroristi provenienti da gruppi militanti locali, che hanno giurato fedeltà a Daesh, si sono uniti alle forze del Califfato per entrare nella città filippina  di Marawi circa tre settimane fa.

L’esercito filippino, che sta gestendo le operazioni aeree e terrestri a Marawi, ha detto il 13 giugno che i terroristi hanno ancora il controllo di circa il 20 per cento della città.

I funzionari indonesiani e malesi hanno rafforzato misure di sicurezza lungo le loro frontiere comuni con le Filippine per impedire ai militanti islamici di fuggire da Marawi.

«È facile passare da Marawi all’Indonesia e dobbiamo tutti essere attenti alle cellule dormienti che si sono attivate in Indonesia», ha detto Nurmantyo.

Luigi Medici