Le scarpe di Nikita e Muntazir

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ITALIA – Roma 14/07/2015. Boicottare la Germania e i prodotti tedeschi. È questa la reazione twitter al diktat dell’Eurogruppo alla Grecia, teso, con molta probabilità ad un cambiamento di governo, senza tener in alcun conto la volontà e la sovranità del popolo greco. La protesta social di boicottaggio di beni e servizi tedeschi è ormai viralizzata sulla rete e rischia di ritorcersi contro Berlino.

Migliaia di persone hanno usato Twitter e altri social media, condannando l’ultimatum posto alla Grecia: riforme imposte al parlamento ellenico, che dovrà solo timbrarle, in pochissime ore oppure nessun aiuto.
La protesta anti tedesca corre sui social media: hashtag come #ThisIsACoup #StopBuyingGerman #BoycottGermany hanno creato flussi virali in breve tempo dalla notte del 13 luglio.
È diffusa la rabbia per il modo in cui la Germania ha dominato la crisi del “salvataggio” greco, imponendo le proprie politiche fiscali a un altro membro della zona euro, con i critici che descrivono i colloqui come “waterboarding mentale” e “crocifissione” del primo ministro greco Alexis Tsipras. Il premio Nobel Paul Krugman, riporta Sputnik, ha scritto nel suo blog: «Questo elenco di richieste dell’Eurogruppo è follia. Ha ragione l’hashtag #ThisIsACoup. Si va al là dell’essere duro per passare alla vendetta pura, la completa distruzione della sovranità nazionale, e nessuna speranza di risollevarsi (…) È probabilmente un’ offerta che la Grecia non può accettare, ma anche così, si tratta di un tradimento grottesco di tutto il progetto europeo», ha scritto Krugman.
I commenti sui social italiani, pacati o meno, testimoniano la preoccupazione e lo sdegno per l’umiliazione imposta, al popolo greco e alle istituzioni elleniche, parlamento in primis.
Quello che risalta di più è il fragoroso silenzio e l’allineamento da “travet” delle autorità italiane alle manifestazioni e all’intemperanza dei rappresentanti finanziari tedeschi, in primis il loro ministro delle Finanze, sia quelle presenti in sala all’Eurogruppo, sia qui in Italia, quasi che fosse più importante il passaggio di El Sharawi al Monaco o i ritiri dal Tour de France. Ma forse travisiamo il senso della politica che è anche difendere i diritti del proprio popolo, ed è più giusto esprimere rammarico, pacato, e alzare le braccia, piuttosto che politicamente imitare, ad esempio, il gesto compiuto da Nikita Kruscev il 12 ottobre 1960: togliersi una scarpa e batterla sul tavolo per protestare e ottenere attenzione. La politica in punta di forchetta non è tale quando è puro formalismo e la storia, quella greca antica in primis, lo insegna: chi siede in certi scranni difende il popolo che lo ha chiamato a rappresentare la propria sovranità.
Dopo di ché, aggiungiamo noi, la scarpa avrebbe dovuto essere lanciata contro i rappresentanti finanziari tedeschi, come ha fatto il collega iracheno Muntazir al Zaidi il 14 dicembre 2008 contro George Walker Bush. Una protesta politica che da un gesto di disprezzo faccia ritrovare il senso dello stare insieme in una casa comune che ci ostiniamo a chiamare, alla greca e ironicamente, Europa.