
Mentre il mondo si interroga su come sopravvivere alla cronica carenza di semiconduttori che è divenuto l’elemento principale della ripresa post Covid, la Reuters lancia l’allarme su un’altra crisi che il settore automotive, il più colpito da quella dei chip, sta affrontando: quella del magnesio.
Il magnesio, che viene impiegato in lega con l’alluminio per laminati insostituibili soprattutto nella produzione di veicoli, ma anche nell’aerospaziale, siderurgico, metallurgico ed elettronico, fino al packaging, è di vitale importanza, principalmente in Europa, i cui rifornimenti dipendono al 95% dalla Cina. Solo lo scorso anno, in piena pandemia, il Vecchio continente ne ha importato circa importate circa 155.000 tonnellate.
La carenza del minerale sta interrompendo la produzione di numerose aziende e mette a rischio milioni di posti di lavoro, rischiando a sua volta di rallentare la forte ripresa economica. I motivi di questa crisi sono imputabili alla Repubblica Popolare Cinese.
Il Dragone, come fa notare il South China Morning Post, detiene un monopolio quasi assoluto del minerale arrivando a produrre l’87% della fornitura mondiale. La crisi energetica in corso in Cina, dovuto sia alla svota improntata alla sostenibilità del partito che alla enorme produzione energivore delle aziende cinesi, sta avendo svariate conseguenze: nelle scorse settimane, l’aumento della domanda di carbone aveva provocato una carenza di combustibili fossili e un aumento del prezzo, adesso il partito ha deciso di distrarre grosse quote di carbone dalla produzione del magnesio, che scarseggiando ha raggiunto prezzi record.
Il minerale, aveva goduto per anni di una sostanziale stabilità dei prezzi, ma tra agosto e settembre i prezzi hanno ricevuto un’impennata, arrivando fino ad una media di 42 mila yuan a tonnellata (6.600 dollari), un incremento annuo del 230%, con un picco di 70 mila yuan a tonnellata nel mese di settembre.
I prezzi che vengono definiti “da estorsione”, da cinque a sette volte maggiori quelli di un anno fa, non sono il risultato di alcuna tensione geopolitica, ma piuttosto del tentativo della Cina di raggiungere il picco di utilizzo del carbone entro il 2025, un passo fondamentale per raggiungere la neutralità carbonica entro il 2060.
La Commissione europea stando a Reuters, sta tenendo colloqui con la Cina sia sulle “carenze immediate” che sulle “soluzioni a lungo termine”, tuttavia potrebbe doversi trovare ad un bivio: dalla Cina per ora può avere energia più verde o più magnesio. L’Europa inizia dunque a fare i conti con i dolori della transizione energetica.
Salvatore Nicoletta