GIORDANIA. Proteste a oltranza per imporre un governo di cambiamento

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I giordani hanno promesso di continuare a protestare dopo le dimissioni del primo ministro Hani al-Mulki, ampliando le loro richieste per includere una revisione completa del sistema e dell’approccio del governo, ora nelle mani dell’ex ministro dell’Educazione Omar Razzaz. Razzaz (foto piccola) ha lavorato alla Banca Mondiale, fatto che potrebbe aiutarlo a gestire l’attuale crisi scatenata proprio dall’applicazione delle misure di austerità dettate dal Fondo Monetario Internazionale, riporta Efe.

Le proteste sono iniziate la scorsa settimana come reazione di piazza ad una legge di riforma del fisco e alla deliberazione di aumenti di molti generi e servizi.

I giordani, oltre a chiedere la rimozione di Mulki, che aveva assunto l’incarico nel 2016, hanno anche chiesto trasparenza, una serie di obiettivi chiari e un cambiamento generale nelle politiche di governo, chiedendo la reintroduzione delle sovvenzioni per il pane e il carburante.

Le proteste sono iniziate giovedì scorso e di giorno in giorno, il numero di persone nelle strade è raddoppiato.

Le proteste ad Amman sono state organizzate e guidate da un gruppo indipendente denominato Hirak Shababi, o movimento giovanile, nonché dai vari sindacati che rappresentano decine di migliaia di lavoratori in tutto il paese, tra cui il sindacato degli avvocati e il sindacato della stampa.

Un numero elevato di giovani politicamente “consapevoli” ha partecipato alle manifestazioni, abbattendo la barriera della “paura” che esisteva in precedenza; i sindacati hanno anche annunciato uno sciopero generale per il 6 giugno e hanno promesso di continuare a manifestare fino all’introduzione di un nuovo approccio alle politiche del governo. Il sindacato della stampa giordana chiede un cambiamento di approccio e non solo facciata, cioè solo un cambio di nomi. 

La Giordania ha sofferto a lungo di problemi economici e continua a dipendere in larga misura dagli aiuti esteri. Come parte di una serie di riforme economiche per ridurre il debito nazionale della Giordania di oltre 37 miliardi di dollari, che equivale a circa il 95% del prodotto interno lordo, il governo ha introdotto aumenti di prezzo sui prodotti di base che hanno colpito molti giordani.

Maddalena Ingroia