Il Giappone intende rafforzare in modo significativo la propria sicurezza nazionale e la propria postura di difesa in un Indo-Pacifico sempre più instabile. Quando ha incontrato il presidente Joe Biden nel gennaio 2023, il primo Ministro giapponese Fumio Kishida ha dichiarato di voler «rafforzare fondamentalmente le nostre capacità di difesa». Questa volontà si manifesta nell’aumento del bilancio della Difesa giapponese: circa il 2% del PIL entro il 2027.
Le osservazioni di Kishida hanno fatto riferimento e sono arrivate un mese dopo la pubblicazione della nuova Strategia di sicurezza nazionale del Giappone, accompagnata dalla Strategia di difesa nazionale e dal Programma di costruzione della difesa. Insieme, questi documenti presentano un quadro della situazione di sicurezza che Tokyo e Washington devono affrontare, riporta AT.
La National Security Strategy afferma che «il contesto di sicurezza del Giappone è complesso come non lo è mai stato dalla fine della Seconda guerra mondiale”. L’aggressione russa in Ucraina, l’assertività cinese nel Mar Cinese Orientale e Meridionale e attraverso lo Stretto di Taiwan e le ambizioni missilistiche nucleari della Corea del Nord sono in cima alla lista dei pericoli. L’Nss li identifica come Paesi che cercano di “rivedere l’ordine internazionale esistente».
Nel contesto della competizione strategica, l’Nss afferma che i confini tra pace e guerra sono diventati più sfumati a causa delle attività della “zona grigia”, delle operazioni grigie negli spazi informatici e dell’informazione, dell’uso della potenza economica e di una rinnovata corsa agli armamenti tecnologici.
I tre documenti rappresentano una risposta altamente coordinata da parte del Giappone.
Accanto all’aumento di bilancio, ci sono altri tre leitmotiv nei documenti altrettanto importanti. In primo luogo, l’Nss sottolinea senza mezzi termini i “valori universali” come “interesse nazionale” e “principio fondamentale” della sua strategia.
L’Nss parla di «sostenere valori universali come la libertà, la democrazia, il rispetto dei diritti umani fondamentali e lo Stato di diritto». Punta il dito contro gli Stati che non condividono tali valori e sottolinea le loro azioni per minare un “ordine internazionale libero, aperto e stabile”.
L’impegno del Giappone a proiettare la sua “visione” indo-pacifica libera e aperta inquadra quindi la competizione quasi manichea tra democrazie liberali e Stati autoritari come “un punto di inflessione storico”. Il Giappone ora dichiara che “manterrà e proteggerà i valori universali”.
In secondo luogo, la nuova strategia di sicurezza del Giappone enfatizza il suo approccio “olistico”. Ciò è evidente nel suo approccio “integrato” alla strategia, in cui farà leva su tutti gli aspetti del suo “potere nazionale globale” per raggiungere i suoi obiettivi strategici.
Il Giappone utilizzerà diplomazia, capacità di difesa, punti di forza economici, abilità tecnologica e risorse di intelligence al servizio di un approccio strategico integrato, cercando di creare una “architettura di difesa completa” aumentando il coordinamento tra i settori organizzativi sul campo.
Questa “integrazione” include il settore militare, dove il Giappone continua a costruire una “forza di difesa multidominio”, coniugando i domini “tradizionali” terra-mare-aria con i domini spaziale, cibernetico ed elettromagnetico.
L’integrazione si estende anche agli alleati e ai partner, con maggiori sforzi per armonizzare le forze statunitensi e giapponesi, poiché «nessun Paese può proteggere la propria sicurezza da solo». Ciò include l’integrazione bilaterale con gli Stati Uniti attraverso il meccanismo di coordinamento dell’alleanza e le opzioni di deterrenza flessibile.
Il primo si concentra sulla condivisione delle informazioni, sul miglioramento della consapevolezza della situazione comune e sul coordinamento delle risposte dal tempo di pace alle contingenze di conflitto. La seconda è progettata per coordinare le risposte combinate per scoraggiare le attività coercitive cinesi nel dominio marittimo attraverso la segnalazione militare e il controllo dell’escalation.
Una maggiore interoperabilità con partner strategici stretti, come l’Australia e il Regno Unito, attraverso accordi di accesso reciproco, che forniscono quadri legali e logistici necessari per facilitare l’addestramento all’estero e le operazioni militari nei rispettivi Paesi, è un mezzo per migliorare il coordinamento inter-militare e l’interoperabilità delle forze.
Ciò si tradurrà in una “rete a più livelli” che unirà l’alleato regionale del Giappone e i partner “che la pensano allo stesso modo” (Australia, India), insieme a meccanismi “minilaterali” come il Dialogo Quadrilaterale sulla Sicurezza e il Dialogo Strategico Trilaterale. Il Giappone sta così trascendendo il suo ruolo di singolo “raggio” bilaterale del sistema di alleanze “hub-and-spoke” guidato dagli Stati Uniti per diventare esso stesso un “hub” sussidiario.
Il Giappone sta ora agendo per diventare responsabile della propria difesa nazionale, assumendosi entro il 2027 la responsabilità di affrontare qualsiasi invasione in modo più indipendente. Non si tratta di un passo verso la completa “autonomia” della difesa nazionale e lo sganciamento dall’alleanza con gli Stati Uniti, ma piuttosto della determinazione ad assumersi progressivamente una parte dell’onere primario dell’autodifesa del proprio territorio nazionale.
Il nuovo approccio strategico del Giappone è forse meglio visto come un’apoteosi degli sforzi determinati messi in moto durante la premiership del defunto Shinzo Abe, e una loro convalida. Questa traiettoria è stata perseguita dal suo successore Kishida, in primo luogo nel suo discorso “visione per la pace” al Dialogo di Shangri-La nel giugno 2022.
Luigi Medici