GAZA. Avvicinamento (segreto) tra Hamas e Israele

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La settimana scorsa il governo del primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’amministrazione Hamas di Gaza hanno cercato di rafforzare la loro reputazione di garanti della stabilità interna.

Le ostilità, scatenate dall’assassinio da parte di Israele del leader del Jihad islamico Baha Abu al-Ata, hanno scatenato una risposta simile alle precedenti con centinaia di razzi lanciati su Israele e l’aviazione israeliana che ha bombardato la Striscia di Gaza.

Tuttavia, l’esercito israeliano ha fatto attenzione a non colpire obiettivi di Hamas, che a sua volta è rimasto ai margini: «Abbiamo attaccato solo il Jihad islamico (…) Abbiamo altri obiettivi del Jihad islamico che possiamo attaccare se necessario», ha fatto sapere Tsahal. Il ministro della pubblica Sicurezza Gilad Erdan ha detto in un’intervista radiofonica che Abu al-Ata è stato assassinato «perché era un ostacolo ai negoziati sugli accordi con Hamas»

Il ministero della Difesa israeliano, riporta Asia Times avrebbe ammesso che «Hamas continua ad essere un nemico strategico. Tuttavia, vediamo un genuino interesse di Hamas per la riduzione della tensione (…) Crediamo che questo possa costituire la base per un modello meno violento di interazione nel futuro». 

Un’intesa più profonda con Hamas si inserisce nella strategia di Netanyahu di dividere i gruppi palestinesi per rendere più facile combatterli ed evitare di essere costretti a seri negoziati. La cooperazione con Hamas, la costruzione di vie di comunicazione stabilite attraverso l’Egitto, è anche la chiave per ridurre gli attacchi missilistici contro le principali circoscrizioni elettorali di confine del Likud. 

Gli attacchi missilistici del passato hanno minato le pretese del Likud di essere un partito della sicurezza e hanno eroso il sostegno elettorale del partito nelle proprie roccaforti. Una più ampia cooperazione con Hamas si inserisce anche nella visione del mondo della maggior parte dei leader delle forze di sicurezza israeliane, che hanno a lungo sostenuto la necessità di maggiori aiuti civili a Gaza per facilitarne la stabilità.

Nel frattempo, le relazioni tra Hamas e il Jihad islamico si sono deteriorate; i due movimenti, pur essendo ufficialmente alleati, hanno sempre avuto tensioni. Il Jihad islamico riceve la maggior parte dei finanziamenti da Teheran; anche Hamas è sostenuto dall’Iran, ma ha cercato di mantenere una certa indipendenza dal potere sciita. Inoltre, Hamas controlla le istituzioni dominanti nella Striscia e ha quindi la responsabilità della governance e della qualità della vita dei cittadini. 

Per rimanere al potere, Hamas ha bisogno che Israele rimuova le restrizioni alle importazioni sulla Striscia e sostenga il ripristino dei servizi di base. Attualmente, il 97% dell’acqua di Gaza è imbevibile e la sua unica centrale elettrica è in grado di fornire ai residenti solo poche ore di elettricità al giorno. Hamas vuole anche mantenere la stabilità per ricevere maggiori aiuti dal Qatar, che ha sostituito in larga misura l’Iran come principale finanziatore dell’organizzazione.

Queste considerazioni sono particolarmente importanti visti i preparativi per le elezioni generali palestinesi, che si svolgeranno a febbraio. Hamas è ora considerato il favorito per vincere e non vuole minare la stabilità prima che i palestinesi si rechino alle urne.

La dirigenza di Gaza è comunque preoccupata di essere definita “collaborazionista” con Israele, e quindi gli accordi con Gerusalemme devono essere segreti e limitati, per evitare di fare la stessa fine di Fatah. 

Antonio Albanese