
Il 30 giugno il Presidente russo Vladimir Putin ha firmato un decreto che trasferirà tutti i diritti e gli obblighi del progetto petrolifero e del gas Sakhalin-2 a una nuova entità russa, dando di fatto al Cremlino il potere di nazionalizzare le quote degli stranieri in quello che è uno dei più grandi progetti energetici del mondo e inasprendo la guerra del gas in corso.
Il decreto di Putin stabilisce che Gazprom manterrà la sua quota di maggioranza, ma gli investitori stranieri dovranno chiedere al governo russo una partecipazione nella nuova società entro un mese o saranno espropriati. Il governo deciderà se approvare o meno le richieste.
Il decreto di Putin non ha fatto altro che turbare ulteriormente i mercati energetici e mettere a dura prova il mercato del Gnl. L’Europa ha importato quantità record di Gnl quest’anno, infatti vuole riempire i propri serbatoi di stoccaggio in vista della stagione fredda. Questa settimana, per la prima volta, l’Europa ha importato dalla Russia più Gnl che gas di canalizzazione, mettendo sotto pressione i produttori di Gnl, poiché l’attuale capacità produttiva non è sufficiente a soddisfare la domanda simultanea di Asia ed Europa.
Il decreto di Putin può essere visto come una mossa per esercitare maggiore pressione sull’Occidente, limitando contemporaneamente le forniture di gas all’Europa e creando una maggiore domanda di Gnl in Asia che sottrarrà le forniture attualmente destinate all’Europa, riporta BneIntellinews.
Gazprom ha alimentato i timori di una carenza di gas che porterebbe a una grave crisi energetica in autunno, dopo aver ridotto i flussi di gas verso l’Europa del 60% a metà giugno. La Germania ha già lanciato l’allarme per la crisi energetica, il secondo del sistema di allerta dell’Ue in tre fasi. L’Italia intende nominare un commissario straordinario per l’energia allo scopo dei fronteggiare l’emergenza.
La Shell ha dichiarato che venderà la sua quota del 27,5% nella joint venture Sakhalin-2 nell’ambito dei piani di uscita dalla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina alla fine di febbraio. Anche le giapponesi Mitsubishi e Mitsui possiedono rispettivamente il 10% e il 12,5% del progetto. La russa Gazprom è il proprietario di maggioranza con una quota del 50% più una.
Sakhalin-2, nell’Estremo Oriente russo, fornisce circa il 4% del mercato globale del Gnl ed è una fonte di energia fondamentale per i Paesi asiatici e per il Giappone in particolare, che dipende fortemente dalle importazioni di Gnl.
La Shell ha dichiarato di stare “valutando le implicazioni” del decreto di Putin, che consentirebbe al suo governo di prendere in carico il progetto di gas naturale Sakhalin-2. La Shell detiene una quota del 27,5% e non si è ancora ritirata dal progetto.
Il decreto di Putin crea una nuova società che può rilevare i diritti del consorzio Sakhalin Energy Investment Co. Il Giappone importa ogni anno il 10% del suo Gnl dalla Russia, principalmente con un contratto a lungo termine da Sakhalin-2. Tokyo ha dichiarato che non rinuncerà ai propri interessi in Sakhalin-2 e il Giappone dispone di due o tre settimane di scorte di Gnl.
Lucia Giannini