Fracking: a rischio le risorse idriche mondiali

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STATI UNITI D’AMERICA – Washington D.C. 09/09/2014. Il fracking o fratturazione idraulica, ovvero la tecnica usata per estrarre dalle formazioni di scisti gli idrocarburi, minerebbe le risorse idriche mondiali.

È quanto emerge dal nuovo report del World Resources Institute (WRI), organizzazione non governativa che mira a creare equità e prosperità attraverso la gestione sostenibile delle risorse naturali, dal titolo Global Shale Gas Development: Water Availability and Business Risks. Lo studio mette in evidenza che per l’estrazione di gas naturale da sorgenti non convenzionali, come gli shale o i depositi profondi di carbone, ogni pozzo necessita di circa 25 milioni di litri d’acqua e tale prelievo è insostenibile in molte aree in cui le risorse idriche sono assai limitate. Gli analisti del WRI, esaminando i 20 stati del mondo con le più grandi riserve tecnicamente estraibili di idrocarburi da scisti, hanno infatti scoperto che i giacimenti nel 38% dei casi si trovano in aree soggette ad elevato stress idrico. In Cina, il Paese che ha le più grandi riserve di gas da argille potenzialmente estraibili e pertanto commerciabili, ad esempio, il 60% dei depositi si trova in aree con troppa poca acqua per consentire uno sfruttamento dei pozzi privo di conseguenze per ambiente e popolazioni. In Argentina, di contro, il 72% delle riserve è in aree con rischio idrico medio – basso.

Per quanto concerne gli Stati Uniti, secondo l’ultimo rapporto di Ceres, ente no-profit che si batte per un’economia globale sostenibile, la corsa al reperimento di combustibili non convenzionali sta portando al rapido esaurimento delle forniture di acqua nella maggior parte delle zone aride del Paese. Dei quasi 40.000 pozzi di petrolio e di gas trivellati dal 2011 ad oggi, invero, i tre quarti sono situati in zone in cui l’acqua è molto carente ed il 55% in aree soggette a forte siccità. Leggendo con attenzione la relazione di Ceres, inoltre, si nota che i consumi idrici dovuti al fracking negli USA sono quantificabili già in oltre 97 miliardi di litri d’acqua ed occorrono, perciò, nuove regolamentazioni al fine di evitare pericolosi attriti fra il mondo industriale e quello dei privati cittadini. Tali misure risultano particolarmente urgenti in Texas, dove è stata utilizzata circa la metà dei suddetti 97 miliardi di litri d’acqua e la produzione petrolifera, attraverso lo stesso fracking, è destinata a raddoppiare nell’arco dei prossimi cinque anni.

Nel luglio scorso la California ha disposto, mediante un provvedimento d’urgenza, lo stop immediato alla fratturazione idraulica in ben 11 giacimenti di petrolio e gas naturale siti presso la città di Bakersfield, allo scopo di tutelare le risorse idriche dell’area. Le autorità sanitarie californiane, difatti, temono che, tramite il fracking, le compagnie petrolifere stiano contaminando, le falde acquifere locali, mettendo a repentaglio la salute della popolazione.
La fratturazione idraulica, dunque, sta accrescendo la competizione per l’accesso all’acqua in alcune delle regioni più secche della Terra, oltre ad avere “controindicazioni” ambientali e sanitarie. È altresì importante sottolineare che, secondo le stime dell’Energy Information Administration, il consumo d’acqua utile alla produzione di gas tramite fracking è inferiore di 2-4 volte e di 4-10 volte rispetto a quello necessario all’estrazione del carbone e del petrolio onshore.