Europa diseconomica

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ITALIA – Roma. 25/4/13. Le ultime dichiarazioni che sono arrivate dall’Unione europea come quella del Commissario agli Affari economici Olli Rehn: « Il rallentamento del consolidamento è possibile ora grazie agli sforzi fatti dai Paesi in difficoltà, dall’impegno Bce e dalle politiche di bilancio credibili» fanno pensare che l’Europa abbia deciso di allentare la morsa della rigidità. Viene da dire: era ora.

Mentre la Merkel in campagna elettorale è rimasta sulle sue posizioni di completa rigidità monetaria, sostenendo che per come vanno i conti teutonici si potrebbe addirittura pensare ad un aumento del costo del danaro. Gli altri membri dell’Unione europea, invece, cominciano a osservare quali decisioni sono state prese dalla crisi economica ad oggi nel resto del mondo.
Gli Stati Uniti sono stati i primi a coniare moneta, poi a ruota con un paio di anni di ritardo ci ha pensato il Giappone, in Inghilterra quasi non esiste un tasso del costo del danaro. A questo punto la politica monetaria europea deve assolutamente cambiare rotta.
I principali problemi europei infatti, Germania inclusa, sono due: mancanza di lavoro, mancanza di liquidità alle imprese.  Non circola denaro e quando viene iniettata liquidità le banche la utilizzano per comprare i titoli di stato meno rischiosi degli investimenti sull’economia reale. Una regione come l’Emilia Romagna è in ginocchio, le imprese stanno saltando, nel senso che arriveranno presto al fallimento perché non essendoci liquidità e prestiti da parte del sistema bancario non riescono a far girare l’economia. In molti settori produttivi la materia prima viene dall’estero, ma comprare sui mercati esteri significa pagare subito e in contanti. A sua volta i clienti di questi acquirenti su mercato estero non hanno soldi per saldare il pregresso e quindi le grandi imprese non hanno liquidità per pagare la materia prima. Senza materia prima non si può produrre, senza produzione non si vende e quindi non si incassa. Le banche sprovviste di liquidità non erogano prestiti, e anzi alitano sul collo degli imprenditori chiedendo il rientro dei fidi.
Ci sono aziende nel settore turismo dell’Emilia Romagna, e quindi di tutto l’indotto, che con un fatturato superiore al 2012 del 28% tra tre mesi chiuderanno. Sì perché si trovano in mano assegni postdatati, scaduti per centinaia di migliaia di euro che non riescono a incassare, nel frattempo gli impiegati vanno pagati e i loro contributi versati.  Una regione faro e metro di un’Italia che tra sei mesi può dichiarare di certo il fallimento politico e subito dopo quello economico.
Solo immettendo danaro a basso costo sui mercati, e l’europa deve capire come farlo, in questo momento si può far ripartire l’economia. Non si capisce come mai questa cosa non sia chiara all’Europa. Il Giappone con una mossa molto azzardata  (o un atto di coraggio dipende dai punti di vista) ha aumentato il suo debito immettendo nel sistema una quantità enorme di massa monetaria. Soldi. Mentre l’Europa continua a contare le chiuse di imprese. Le modifiche al patto di stabilità non sono più facoltative ma sono un obbligo, Germania o non Germania. La stessa Russia, nonostante la ricchezza proveniente dal gas comincia ad accusare il colpo della crisi economica e di fatto le azioni intraprese da Medvedev e Putin, che per gli europei hanno il sapore di nazionalismo, non sono altro che il tentativo di salvare la Russia dall’ennesimo tracollo. Sono state approvate leggi che limitano, rispetto al 2012, l’opportunità per lo straniero di lavorare in Russia o di vendere in Russia. La Russia, avendo una moneta troppo volatile per affrontare i mercati, sta puntando sul lavoro per non soccombere sotto l’ascia della crisi economica mondiale. La Cina, con oltre un decennio di ritardo, dopo aver colonizzato l’Africa per avere a buon prezzo le materie prime ha dato vita allo sviluppo del made in china. L’obiettivo è quello i dare vita a tanti mercati interni, migliorare la qualità della vita e far circolare e apprezzare la moneta in funzione di una maggiore stabilità interna. A muoversi anche i Paesi che si affacciano sul Pacifico (Stati Uniti Compresi) che hanno dato vita a un Comitato per i Paesi che si affacciano sul Pacifico con l’obiettivo di arrivare entro pochi anni a una zona di libero scambio per gli aderenti al Comitato per ora 11 Paesi. L’Europa invece, con i suoi tecnici della moneta e della finanza sta implodendo. Chiude le porte alle nuove idee e allo sviluppo rimanendo arroccata su trattati economicamente vecchi. Il trattato di stabilità e crescita ha visto luce nel 1997, e andava bene per un Europa che basava la sua economia sugli scambi economici, nel frattempo ci sono state le bolle speculative: dot.com e immobiliare, tanto per citare le più disastrose, ne sta arrivando un’altra quella delle commodities, e ancora l’Europa deve portare a compimento il progetto del trattato di stabilità e crescita. Forse l’Europa e i suoi funzionari da 16.000 euro al mese è ora che si decida a mettere mano alle riforme e a pensare che se le imprese chiudono, gli europei saranno disoccupati e la rabbia monterà. A quel punto nessuno si stupisca se vi saranno primavere europee.