ENERGIA. Serbatoi europei in affanno. L’UE cerca alternative al gas russo per riempirli

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I serbatoi di stoccaggio di gas naturale in Europa erano appena al di sotto del 60% di riempimento il 4 luglio, ma solo poiché le forniture di gas non russo sembrano essere aumentate nelle ultime settimane. La corsa è quella di raccogliere abbastanza gas  in modo che i serbatoi di stoccaggio siano pieni all’80% entro il 1° ottobre, in modo da garantire il fabbisogno di energia e riscaldamento dell’Europa per il prossimo inverno. L’unica volta negli ultimi dieci anni in cui l’Europa ha avuto meno gas a questa data è stata nel 2021, quando ha iniziato la stagione del riscaldamento con i serbatoi pieni al 77%, e questo è bastato a causare una grande crisi energetica che ha visto i prezzi sul mercato spot del gas aumentare di 20 volte.

Secondo BneIntelliNews a giugno, anche con la riduzione dei flussi da parte di Gazprom, l’Europa era ancora in grado di rispettare la scadenza del 1° ottobre; nonostante la riduzione del gas russo, le forniture da altre fonti hanno visto un’accelerazione del tasso di iniezione nella seconda metà di giugno, presumibilmente grazie all’aumento delle forniture di Gnl, che attualmente stanno raggiungendo livelli record.

Con i serbatoi pieni al 59,8% il 4 giugno, la quantità già presente nei serbatoi si trova a metà dei risultati per la stessa data nel 2021 e nel 2020, quando un inverno caldo e livelli di stoccaggio insolitamente alti hanno reso l’inverno facile. I livelli di stoccaggio del 2021 rappresentano un punto di riferimento e se i livelli di stoccaggio di gas dovessero scendere al di sotto di quelli del 2021, si scatenerebbe quasi certamente un’altra crisi.

Tra tuti i paesi europei, la Germania è particolarmente vulnerabile, poiché non ha terminali Gnl e quindi non ha accesso a fonti alternative di gas. Berlino si è affrettata a lanciare la costruzione di quattro terminali in tempi brevi, ma questi saranno disponibili non prima dell’anno prossimo. Sembra che la maggior parte dell’aumento del tasso di iniezione sia dovuto agli ordini tedeschi di gas alternativo, dato che a giugno gli stoccaggi tedeschi sono aumentati più rapidamente rispetto alla media dell’Ue. I serbatoi tedeschi sono pieni al 62,6% al 4 giugno, leggermente in anticipo rispetto alla media Ue, dopo essere stati pieni al 52,53% un mese prima.

Se l’attuale ritmo di riempimento continuasse, i serbatoi tedeschi raggiungeranno il valore di riferimento dell’80% nell’ultima settimana di settembre.

Le forniture di gas saranno nuovamente interrotte l’11 luglio, quando il gasdotto Nord Stream 1 sarà messo fuori servizio per la manutenzione annuale di 10 giorni e i politici tedeschi temono che non sarà più riavviato.

Il Cremlino è accusato di aver rallentato le forniture quando Gazprom ha annunciato di aver ridotto i flussi di gas verso l’Europa del 60% a metà giugno, incolpando la società tedesca Siemens di non aver restituito i compressori rotti a causa delle sanzioni. Berlino però ha definito la riduzione un “attacco” a sfondo politico.

L’economia tedesca dipende fortemente dal gas russo, di cui solo il 15% viene utilizzato per la produzione di energia. Il resto viene utilizzato per il riscaldamento e come materia prima nell’industria. Molte delle più importanti industrie tedesche potrebbero rischiare il collasso se la Russia interrompesse le forniture di gas naturale, ha dichiarato il capo della Federazione tedesca dei sindacati, Yasmin Fahimi, riportano Bild am Sonntag e Bloomberg.

«A causa delle strozzature del gas, intere industrie rischiano di crollare definitivamente: l’alluminio, il vetro, l’industria chimica (.,..) Un tale crollo avrebbe conseguenze enormi per l’intera economia e per i posti di lavoro in Germania»ha dichiarato Fahimi.

Il Sindacalista tedesco chiede un tetto ai prezzi dell’energia per le famiglie. «L’aumento dei costi delle emissioni di Co2 comporta ulteriori oneri per le famiglie e le imprese», ha aggiunto Fahimi. «La crisi potrebbe portare a disordini sociali e lavorativi», ha avvertito Fahimi.

Inoltre, la Russia ha interrotto completamente le forniture di gas a tre Paesi (Bulgaria, Finlandia e Polonia), dopo che questi si sono rifiutati di aderire allo schema “gas in cambio di rubli” introdotto a maggio con un decreto presidenziale. Molti Paesi e aziende europee hanno aderito allo schema, non riuscendo a sostituire il gas russo con fonti di energia alternative. Tuttavia, l’Ue si è impegnata a ridurre le forniture di gas russo del 90% entro il 2023.

La riduzione dei flussi di gas da parte di Gazprom a giugno ha innervosito i governi europei, 12 dei quali hanno dichiarato un allarme “precoce” nell’ambito del sistema di allarme per la crisi energetica in tre punti dell’Ue. 

La Germania è già passata alla seconda fase di “allerta” e si sta preparando a riavviare le centrali a carbone, già in disuso, nel caso in cui il gas immagazzinato non sia sufficiente quando il tempo cambierà. Nella fase finale di “emergenza”, i governi hanno il potere di prendere il controllo della poca energia disponibile e di introdurre un sistema di razionamento; e si sta paventando l’opzione dell’energia nucleare.

Tommaso Dal Passo