Tunisia: le elezioni della discordia

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TUNISIA – Tunisi. 15/01/14. Il 26 ottobre con le elezioni legislative i tunisini inizieranno una lunga maratona politica che il 23 novembre li riporterà alle urne per l’elezione del presidente. Sono chiamati prima a eleggere i 217 membri dell’Assemblea del popolo poi a scegliere chi li rappresenterà nel mondo.

Per le elezioni presidenziali se dovesse servire il secondo turno sarà indetto entro il 28 dicembre. La campagna elettorale è iniziata il 5 ottobre e la grande domanda che tutti si pongono è chi vincerà? I conservatori o gli innovatori? La domanda è di grande rilievo in un momento come quello attuale in cui conflitti e terrorismo la fanno da padrone ai confini con la Tunisia, in Libia e in Algeria dove l’allerta è salita negli ultimi giorni.

Si andrà a votare con una nuova Carta Costituzionale, un nuovo inizio. Eppure sono in molti a essere preoccupati. «La Costituzione del 26 gennaio ha molte ambiguità e lascia un ampio margine di interpretazione al legislatore. Dovrà rifondere molte leggi esistenti per renderle conformi con gli obiettivi e ai principi del nuovo testo» dicono alcuni candidati. Tra le difficoltà riscontrate dagli stessi candidati l’elevata proliferazione dei pretendenti alla presidenza che sono 27. «Le prossime elezioni sarà simili a un ballo in maschera al buio!» ha esclama Mohsen Marzouk (Nida Tunes). Ma come al solito a tenere banco sono i conservatori statali e gli islamici secolari, su di loro sono infatti puntati i riflettori. Il candidato presidenziale favorito al momento sembra essere quello di Ennahda. A dirlo è anche il portavoce dell’ex primo ministro Beji Caid Essebsi (BCE). Il partito islamista, ha candidato anche degli ex ministri del Partito democratico costituzionale Rally (RCD) di Ben Ali, e cercherà di silurare la BCE per impedirgli di vincere al primo turno. 

Un altro problema di cui tutti parlano è il problema “astensionismo”. Al momento si sono registrate solo 5,2 milioni di persone per una popolazione in età di voto stimata in 8.000.000. Nel 2011 l’astensione era arrivata al 50%. Gli ultimi sondaggi indicano che il 40% degli elettori voterà per Ennahdha e Nida Tunes mentre tutti gli altri non hanno deciso. Altra novità del panorama politico tunisino sono i candidati indipendenti che vengono dal mondo degli affari. Candannati però ad avere un successo limitato alla cerchia di amici e conoscenti.

Secondo le testate tunisine Ennahda al momento sarebbe l’unico partito radicalizzato e organizzato in maniera capillare, e soprattutto sono gli unici ad avere una capacità finanziaria di rilievo. Contro però hanno una fetta di popolazione che non gli ha mai perdonato gli assasini politici del 2013. Il partito Guidato da Rached Ghannouchi e il primo ministro Ali Larayedh, con la decisione del Majlis al-Shura, l’organo supremo del movimento, ha disorientato una parte dei costituenti naturali di Ennahdha, che è stato interpretato come un segno di debolezza.

L’indebolimento del partito religioso nei sondaggi si è verificato tra ottobre 2013 e gennaio 2014, proprio durante il periodo di “dialogo nazionale”, che ha portato alla formazione del governo di tecnocrati di Mehdi Jomaa. Anche se i loro capi moltiplicano le dichiarazioni trionfalistiche e alcuni dicono di vincere, agli islamisti andrebbero tra i 55 ai 60 posti, un numero tuttavia che li rende indispensabili al Parlamento. Gli oppositori Nida Tunes, sono l’obiettivo chiave di qualsiasi attacco, da parte di Ennhada, sembrano raccogliere consensi. A sorprendere è stata la candidatura di Caid Essebsi Hafedh, che infine ha ritirato la candidatura a causa del tumulto che aveva innescato all’interno del partito. Sembra che queste questioni di “pulizia interna” hanno avuto un impatto minore di quanto gli analisti pensassero. L’obiettivo per il partito è conquistare 80-90 posti al Parlamento, ma secondo gli analisti si tratta di una previsione molto rosea.
Nida è al momento una formazione politica piuttosto eterogenea, forse troppo. I suoi elettori si aspettano che venga bloccato il ritorno di al-Nahda e dei suoi alleati.
I partiti del movimento progressista come Al Joumhouri (l’ex Partito democratico progressista, PDP) Nejib Chebbi Ahmed, l’Alleanza Democratica, Afek Tunes o Al-Massar (che compete nell’etichetta UPT) vogliono incarnare il pluralismo e la terza via. Temono le egemoniche Nida Tunes e rifiutano la dittatura del voto utile. Il Fronte Popolare, Hamma Hammami (a sinistra), che aveva raggiunto una svolta a giudizio nel 2013, dovrebbe riuscire a conquistare dei seggi. Il timore di tutti è la frammentazione politica e quindi l’immobilità.
Anche se a differenza di prima del 2011 ora con il sistema proporzionale i partiti che siederanno in parlamento avranno qualche decina di posti in più in parlamento. Abbastanza per essere indispensabili per formare la coalizione. Due parole anche sul Congresso per la Repubblica (CPR), il cui Presidente Moncef Marzouki, e i suoi derivati, la corrente democratica, guidata dall’avvocato Mohamed Abbou e il partito Wafa tra cui il suo collega Abderraouf Ayadi desiderano arrivare a conquistare dei seggi .
Questi ultra radicali nati come “guardiani della rivoluzione” mostrano una certa indulgenza nei confronti del movimento salafita jihadista, e hanno posto al primo posti della loro campagna elettorale «bloccare il ritorno del vecchio regime» (leggi Nida Tunes, trattati in modo improprio l’ex RCD). Al momento possono contare su un piccolo serbatoio di voti, come i delusi Ennahda.
La frammentazione politica, almeno su carta, può rendere difficile l’emergere di una maggioranza coerente intorno al partito vincente alle elezioni. Si preannunciano dunque laboriose trattativeper la formazione di una maggioranza di governo.
Per quando concerne le elezioni presidenziali al momento il grande duello sembra essere quello tra Beji Caid Essebsi, il leader di Nida Tounes e Moncef Marzouki, il presidente uscente sostenuto da una frangia dell’elettorato islamista, anche se negli ultimi giorni, un altro candidato si fa strada. Si tratta di Slim Riahi che piace all’elettorato cittadino che non ama più i salotti di partito, presidente della Free Patriotic Union (UPL), 42 anni. Ricco uomo d’affari e sponsor della squadra di calcio della capitale.