EGITTO. Suez snodo o nodo?

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È on line il podcast della recente puntata di Risiko, in onda su Radio Sparlamento. Ripubblichiamo con piacere il servizio che lo accompagna. Il podcast può essere ascoltato cliccando qui.

Lo scorso 23 marzo la portacontainer giapponese Ever Given, un “mostro di mare” lungo 400 metri e largo 58,8 metri, si incaglia nel Canale di Suez, causandone il blocco. Quasi 300 navi in transito hanno dovuto attendere 7 giorni prima di riprendere le loro rotte. Un evento, l’ultimo di una serie, che conferma la crisi del Canale e che ha riacceso la discussione circa il suo futuro.

Anche se sembrano sfumate le previsioni del premier Al-Sisi in merito ad una “rinascita dell’Egitto” grazie al progetto del nuovo Canale di Suez (l’ultimo ampliamento è avvenuto nel 2015), c’è da dire che ad oggi Suez rappresenta la rotta più importante che collega l’Europa e l’Asia. Si tratta di quasi 19.000 navi transitate soltanto nel 2020, che hanno portato alle casse egiziane un guadagno di circa 15 milioni di dollari al giorno. Ad ogni modo, il trend degli ultimi anni registra un costante ribasso, e i competitor internazionali non mancano. Da una parte ci sono gli Stati Uniti, che cercano di sfruttare la debolezza di Suez per aumentare le esportazioni di petrolio e gas verso l’Europa attraverso l’Oceano Atlantico. Dall’altra c’è la Russia che propone la via “nordica”, facendo passare le merci per il Polo Nord.

Ma Al-Sisi è pronto a mettere in campo un imponente progetto ferroviario, lungo circa 543 kmq e che attraverserà le città che costeggiano il Canale. Una sorta di “secondo Canale di Suez”, con l’obiettivo di implementare la rotta marittima con una rotta ferroviaria, in grado di sopperire alle limitazioni che il Canale presenta per la navigazione dei nuovi mega cargo che trasportano le merci nel mondo. Il progetto sorgerà all’interno della zona industriale di East Port Said su un’area di 300.000 mq. La prima fase comprenderà la creazione di fabbriche di unità mobili con una capacità produttiva prevista di 300 carrozze all’anno; la seconda fase sarà costituita dalla realizzazione di stabilimenti per le industrie che alimentano il settore. Secondo le fonte ufficiali egiziane, la prima fabbrica entrerà in funzione già nel 2021.

Il fatto interessante è che il Consorzio che si è aggiudicato il contratto da 9 miliardi di dollari per costruire la ferrovia, vede come aziende capofila la società egiziana Samcrete e la China Civil Engineering Construction Corporation (CCECC). Ancora una volta la Cina guadagna pezzi importanti per detenere il controllo dei c.d. passaggi obbligati delle merci, sia via mare che via ferrovia. Il progetto ferroviario di Suez, infatti, si va ad aggiungere a quello del Belt and Road Iniziative  (la c.d. Nuova Via della Seta). In pratica, la Cina farà agevolmente transitare le merci via ferrovia fino al Pakistan, dal porto Gwadar le merci prenderanno la rotta marittima fino al Canale di Suez, per poi arrivare in Europa.

A ciò si aggiunge la linea ferroviaria per il trasporto delle merci, già operativa, che collega direttamente la città cinese di Xuzhou con la città tedesca di Duisburg.

E mentre la Cina si appresta ad avere il controllo delle infrastrutture che collegano l’Europa , l’Asia e l’Africa, la UE sta ancora “riflettendo” sull’opportunità di avanzare un piano infrastrutturale per il rilancio del Mediterraneo, che diversamente rischia l’irrilevanza strategica e politica.

Parimenti, è ancora nella fase delle premesse la discussione in merito alla necessità di produrre beni essenziali e materie prime direttamente in Europa, proprio per garantire l’autosostentamento dei sistemi produttivi europei.

Evidentemente, Bruxelles fatica a mettere a fuoco i nuovi assetti geopolitici e le priorità strategiche che caratterizzeranno la società globale post-pandemia. E, a quanto pare, il problema non è soltanto quello di non aver maturato una consapevolezza sui cambiamenti generati dal Covid-19, quanto la presenza di una “diversa sensibilità” da parte dei paesi nordici della Ue rispetto alla centralità del Mediterraneo. Il rischio – come ha ipotizzato l’europarlamentare Marco Campomenosi – è che sarà la Cina a prendere le scelte al posto dell’Europa.

Buon ascolto!

Cristina Del Tutto