EGITTO. Il nuovo ruolo del Cairo nello scacchiere mediterraneo

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Garante del cessate il fuoco israelo-palestinese, l’Egitto è tornato ad avere una grande influenza negli affari mediorientali. Da Gaza alla Libia, dal Mediterraneo orientale al Corno d’Africa, il Cairo è ora fondamentale in una serie di dispute che rischiano di diventare guerre aperte.

Per molto tempo, l’Egitto è stato quasi ignorato, ora, il presidente Abdel Fattah al-Sisi, guarda al Mediterraneo orientale, alla Libia, alla Palestina e ad altre questioni con molta più tranquillità di prima e lo dimostra il suo ruolo strategico nel cessate il fuoco mediato dal Cairo che potrà avere ripercussioni ben oltre Gaza e Gerusalemme Est, riporta Asia Times.

Quando sono iniziati a volare missili e jet sui cieli di Israele, di Gaza e in Cisgiordania, gli sforzi internazionali per porre fine ai combattimenti si sono rapidamente rivolti all’Egitto. Il Cairo ha buone relazioni sia con Israele che con Hamas. L’altro stato arabo che avrebbe potuto svolgere questo ruolo di mediazione, il Qatar, è stato escluso da Israele, che ha buoni rapporti con il rivale di Doha, gli Emirati Arabi Uniti, e diffida del lungo sostegno del Qatar a Hamas.

La capacità di mediazione è stata rapidamente riconosciuta anche dagli Stati Uniti, con il presidente Joe Biden che ha poi chiamato al-Sisi per la prima volta da quando il leader americano è entrato in carica. Al-Sisi ha annunciato che è stato con grande gioia che ha parlato per la prima volta con il leader americano, il 20 maggio, poiché i funzionari egiziani erano sempre più preoccupati di perdere influenza a Washington.

Anche nel Corno d’Africa, il ruolo di al Sisi si fa sentire nella questione della Gerd. Il ministro degli esteri egiziano Sameh Shoukri lo scorso giugno, ha definito la Grand Ethiopian Renaissance Dam una “questione esistenziale” per l’Egitto, articolando i timori popolari egiziani che il progetto parzialmente finanziato dalla Cina potrebbe avere un impatto sull’approvvigionamento idrico del paese.

Altra area in cui il Cairo ha preoccupazioni è la Libia. Lì a ovest, il Cairo ha storicamente sostenuto le forze orientali del generale Khalifa Haftar, insieme alla Russia e agli Emirati Arabi contro il Gna di Tripoli, sostenuto da Turchia e Qatar.

Ora, il governo provvisorio di Dabaiba che sta cercando di rimettere insieme il paese ha rigettato i candidati vicini all’Egitto nel tentativo guidato dagli Stati Uniti e dall’Onu di mettere insieme l’autorità di transizione a febbraio. In particolare, l’influenza di Stati Uniti, Russia e Turchia sul processo in Libia preoccupa il Cairo; mentre l’influenza di Ankara è una preoccupazione per l’Egitto anche nel Mediterraneo orientale.

Lì, a nord dell’Egitto, il Cairo è stato vicino ai rivali della Turchia, vale a dire Grecia, Cipro e Israele, e si è unito a loro nell’EastMed Gas Forum che cerca di sfruttare i depositi sottomarini di gas naturale della regione, ma è ampiamente percepito ad Ankara come un raggruppamento anti-turco.

L’Egitto si sta muovendo anche altrove per sfruttare questa ritrovata forza. Questo mese ha visto missioni egiziane a Gibuti e in Uganda in Africa, allo stesso tempo, il Cairo sta sottolineando – per gli Stati Uniti e l’Europa in particolare – la sua indispensabilità nelle relazioni israelo-palestinesi.

Così con la recente visita a Gaza del capo dell’intelligence egiziana Abbas Kamel, dove ha incontrato l’alto funzionario di Hamas Khalil al-Haya, l’Egitto si sta posizionando come la principale potenza con cui parlare quando si tratta di Gaza.

Restano comunque le perplessità sulla tenuta del fronte interno.

Graziella Giangiulio