EGITTO. Confermata la legge anti manifestazioni

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di Antonio Albanese EGITTO – Il Cairo 07/12/2016. La Suprema Corte costituzionale egiziana ha confermato il 3 dicembre una legge che vieta in modo le proteste, ponendo fine a una lunga battaglia legale. La legge era stata approvata nel 2013, nel mezzo delle manifestazioni che chiedevano il ritorno de governo di Mohamed Morsi dopo il golpe.

Chiunque intenda indire una qualsiasi riunione pubblica di più di 10 persone deve avvisare le autorità con almeno tre giorni di anticipo, le sanzioni per la mancata comunicazione sono pene detentive fino a cinque anni, la legge permette a tutte le forze di sicurezza di disperdere le manifestazioni illegali con tutti i mezzi: dai cannoni ad acqua, ai gas lacrimogeni e così via, riporta Defence Web. Le organizzazioni per i diritti umani egiziane hanno detto che la legge criminalizza ogni forma di riunione pacifica e dà allo Stato mano libera per disperdere i raduni pacifici con la forza.

La sua rigorosa applicazione è riuscita a porre fine alle manifestazioni di massa che hanno contribuito a scalzare due presidenti in tre anni poiché tutti gli attivisti sono stati arrestati e oggi rimarranno in carcere. Nel 2014, un gruppo di avvocati ha posto in discussione parti della legge dicendo che violava l’articolo 73 della Costituzione che garantisce il «diritto di organizzare riunioni pubbliche, cortei, manifestazioni e tutte le forme di protesta pacifica, purché disarmate, fornendone solo una notifica come regolato dalla legge». La Corte ha stabilito che solo l’articolo 10 era incostituzionale, cioè l’articolo che concede l’autorità al ministero degli Interni di proibire le proteste.

Secondo i gruppi per i diritti umani, l’Egitto oggi è un enorme campo di concentramento: a 217 persone è stato proibito di viaggiare tra giugno 2014 e settembre 2016 e 115 erano oppositori del governo.

La restrizione nel movimento è una delle misure usata dal governo del presidente Abdel Fattah al-Sisi per mettere a tacere gli avversari: il 23 novembre, è stato vietato viaggiare ad un attivista che gestisce un centro che riabilita le vittime della tortura e ad un giornalista che ha trasmesso un servizio televisivo di critica del governo; il 24 novembre, ad un altro giornalista critico è stato vietato e il giorno dopo a un importante attivista per i diritti delle donne.

L’incremento di questi divieti di viaggio ha provocato un rimprovero del relatore speciale delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani, Michel Forst: «Le restrizioni imposte alla libertà di movimento (…) sono purtroppo diventate di routine in quello che viene visto come un giro di vite contro la società civile egiziana, continuato senza sosta dal 2011», si legge nel comunicato. Il ministero dell’Interno ha negato che ci fosse un giro di vite da parte del governo.