La Russia ha pagato i dividendi dei progetti di sviluppo petrolifero Sakhalin 1 e 2 in yuan cinesi, una mossa resa necessaria dalle sanzioni occidentali contro Mosca che hanno impedito alle istituzioni finanziarie di accettare dollari relativi agli affari russi.
Dopo che l’anno scorso Mosca ha costituito nuove società per gestire i suoi interessi nei progetti, situati nell’estremo oriente del Paese, le entità russe dichiararono che avrebbero cambiato i metodi di pagamento dei dividendi, senza indicare la valuta di riferimento, riporta Nikkei.
Prima delle sanzioni, i dividendi dei progetti Sakhalin venivano trasferiti in dollari circa due volte l’anno attraverso un conto bancario a Singapore. Le sanzioni hanno bloccato questo iter e a inizio 2023, le entità russe hanno creato una nuova via di rimessa per pagare i dividendi dei progetti Sakhalin: utilizzare lo yuan.
Lo hanno già fatto, riporta Nikkei, per pagare i dividendi alle società commerciali giapponesi che detengono partecipazioni nei progetti. Si ritiene che le transazioni siano state gestite dalla Gazprombank, filiale di Gazprom.
La giapponese Sakhalin Oil and Gas Development Co. – partecipata dal ministero dell’Economia, del Commercio e dell’Industria e da società commerciali giapponesi – detiene una partecipazione del 30% in Sakhalin 1. Per quanto riguarda Sakhalin 2, Mitsui & Co. detiene una partecipazione del 12,5% e Mitsubishi Corp. del 10%. Le società giapponesi hanno mantenuto le loro partecipazioni anche dopo il ritiro dei loro partner statunitensi ed europei.
Le transazioni denominate in yuan sono in aumento in tutto il mondo. A marzo, la China National Offshore Oil Co., Cnooc, il gigante petrolifero statale cinese, e la francese Total Energies hanno regolato transazioni di Gnl in yuan. Il Brasile ha introdotto un sistema in cui lo yuan può essere utilizzato per regolare le transazioni commerciali e finanziarie con la Cina. Anche i Paesi del Medio Oriente si dicono favorevoli a regolare le transazioni in valute diverse dal dollaro.
Queste transazioni sono in aumento soprattutto in Russia: secondo la Banca Centrale della Federazione Russa, la quota dello yuan nelle transazioni in valuta estera è salita al massimo storico del 39% a marzo, mentre la quota del dollaro è scesa al 34%.
Le sanzioni che tengono la Russia fuori dalla rete di regolamento del dollaro mettono a rischio lo status di valuta di riserva del dollaro e favoriscono la Cina: la quota del dollaro nelle riserve valutarie globali è scesa 10 volte più velocemente nel 2022 rispetto al tasso medio degli ultimi 20 anni.
Al netto delle fluttuazioni dei tassi di cambio, si stima che il dollaro abbia perso circa l’11% della sua quota di mercato dal 2016. La quota del dollaro nelle riserve ufficiali a livello mondiale è scesa dal 70% del 2001 a circa il 58%.
In un discorso tenuto a maggio in occasione del vertice dell’Unione Economica Eurasiatica guidata dalla Russia, il presidente russo Vladimir Putin ha affermato che: «Sono in corso cambiamenti radicali anche nella finanza internazionale (…) Stiamo perseguendo una politica di riduzione della quota delle valute dei Paesi ostili nelle transazioni reciproche e stiamo pianificando di espandere le nostre attività con i nostri partner in tutto il mondo, compresa l’Ueea, al fine di completare la transizione alle valute nazionali».
Antonio Albanese