
Da quando Daesh ha perso terreno, in senso letterale, a veicolare le sue gesta, se così le vogliamo chiosare sono i suoi media. Da sempre, Daesh, ha sfruttato l’utilizzo dei social media in chiaro, deep web e dark web per veicolare i suoi messaggi, attirare persone scambiare soldi e armi ma, ora, diventano essenziali per comunicare al mondo dove e quando colpiscono.
In modo particolare i suoi messaggi ufficiali passano tutti dal settimanale ufficiale an Naba, la Notizia, editato regolarmente il tra il giovedì notte o le prime ore del venerdì ed è arrivato al numero 350. Il settimanale è di stretta attualità e per la maggior parte tratta di notizie inerenti agli attacchi di ISIS nel mondo: Iraq, Siria, Afghanistan, Pakistan, RD Congo, Mozambico, Somalia, Mali, Burkina Faso, Niger, Nigeria, India, Filippine, Indonesia ma al suo interno ci sono pagine e infografiche a carattere “spirituale-religioso” e ancora indicazioni per i mujahiddin al fronte.
Di rilievo, nel numero 349 editato venerdì scorso, un’intervista al comandante dei Mujahiddin nella Badiyah siriana. Il comandante dopo aver confessato e spiegato il lavoro al fronte elogiando l’impegno e lo sforzo dei suoi combattenti, identifica il “nemico” e lo spiega a chi non è siriano.
Ma come da consuetudine i comandanti militari nello Stato Islamico riflettono anche l’anima comunicativa, e così nell’intervista, il Comandante si rivolge ai centri mediatici affiliati a DAESH, ai quali chiede di ripubblicare esclusivamente le notizie di attacchi ufficialmente rivendicati e non informazioni di attacchi fornite da altre fonti. Questo perché, si legge nel settimanale: i nemici dello Stato Islamico tenderebbero ad ingigantire gli attacchi subiti al fine di ricevere più fondi e aiuti militari. Dunque si legge esplicitamente che “la comunicazione dello Stato Islamico è soggetta a considerazioni di carattere di sicurezza e militare”.
Il messaggio tra le righe soggiacente a tale dichiarazione non è banale, nei fatti se fino ad ora l’organizzazione aveva dato centralità alla comunicazione degli attacchi, piuttosto che agli attacchi in sé, ora si legge sulla rivista ufficiale del gruppo che l’annuncio di un attacco potrebbe essere probabilmente anche taciuto per considerazioni di sicurezza. Si avrebbe, dunque, un capovolgimento che vedrebbe una preminenza del fattore militare su quello comunicativo, con un attenzione particolare alla tutela stessa dei combattenti. Lasciando all’apparato comunicativo rivendicare al momento più adatto, ovvero quando nella zona le cellule di Daesh non ci sono più.
Andrea Barlassina
Graziella Giangiulio