Dabiq 6: Economic Meltdown

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ITALIA – Roma 04/01/2015. Il sesto numemro di Dabiq segna una svolta politica nella pubblicazione dello Stato Islamico.

Abbiamo già parlato del sesto numero di Dabiq, a proposito della drammatica intervista fatta al pilota giordano abbattuto. Nel complesso, l’intero numero della rivista si rivela di estremo interesse, costituendo una svolta “politica” rispetto ai cinque numeri precedenti. Il focus centrale, cui è dedicata la copertina e il titolo “Al- Qa’idah of Waziristan”, è l’analisi dello status quo del Waziristan, regione pakistana, al confine con l’Afghanistan, apparente dominio di al Qaeda. La testimonianza sulla situazione nella regione è quella di un compagno di Abu Mus’ab az Zarqawi, Abu Jarir ash-Shamali. Stando alla sua «Testimoninza dall’interno», come recita il sottotitolo, la regione, anche per gli standard dello Stato Islamico è arretrata dal punto di vista teologico, politico e tecnologico. Una medesima situazione è la descrizione della situazione in Yemen, altro fronte caldo caratterizzato dallo scontro con le forze governative e quello interno tra gruppi legati ad al Qaeda e allo Stato Islamico, oltre alla dicotomia sunniti-sciiti. Le criticità della parte avversa, quella dei gruppi di al Qaeda, vengono, in entrambi servizi, illustrare con dovizia di particolari teologici e pratici che tendono a sminuire il ruolo dell’avversario e a dimostrare la sua povertà intellettuale, prima, e operativa, poi.
È quindi un numero in cui vengono espresse posizioni e fatte affermazioni politiche relative al controllo di alcune aree chiave del costituendo Califfato.
Altro dato politico interessante è l’affermazione della presenzia in Libia nella sezione Islamic State Review, attraverso la descrizione di operazioni in Cirenaica in cui lo Stato Islamico starebbe combattendo, a sua detta, solo le sacche di resistenza avendo già piazzato la bandiera su diverse parti della regione. Sempre nella medesima sezione si narra per la prima volta una vera operazione di intelligence contro una cellula di kharigiti: infiltrazione, spionaggio e infine arresti. La cellula, non viene detto dove sia avvenuta l’operazione «è stata infiltrata dall’apparato di sicurezza dello Stato Islamico, i suoi membri presi, la cellula smantellata, i suoi appartenenti puniti secondo la Sharia di Allah».

Di estremo interesse è l’ampio servizio firmato da John Cantlie, dal titolo Meltdown. Cantlie di fatto è ormai l’editorialista della rivista dello Stato Islamico. L’analisi di Cantlie, tecnicamente un pezzo “freddo”, è interamente dedicata all’economic meltdown prossimo venturo. «La guerra sta aumentando, il valore del petrolio è in caduta libera, e l’America sta stampando 85 miliardi di dollari al mese per evitare il collasso totale. La fusione economica si sta avvicinando a grandi passi e il mondo ha bisogno diana moneta stabile su cui poter fare affidamento. Per cinquemila anni, quella valuta è stata l’oro». questa la sintesi del suo intervento.
In pratica, il giornalista inglese ripercorre la storia finanziaria dell’ultimo secolo, caratterizzato dal golden standard, dall’oil standard (i petrodollari degli anni Settanta), e poi dal fallimento del sistema finanziario globale nel suo complesso. Cantlie quindi spiega il perché della scelta fatta dallo Stato Islamico dilombare solo monete auree o argentee, in quanto le uniche che possiedono un valore intrinseco non mistificatile, afferma il reporter britannico. Nel servizio si ancorano gli insuccessi economici alla diverse fasi della storia economico-finanziaria occidentale del XX secolo, nel farlo si fanno riferimenti a pensatori e
ed economisti statunitensi e inglesi (David Graeber, Nick Giambruno, Mike Maloney) pensatori che hanno strade e percorsi accademici differenti, ma che da tempo lanciano l’allarme sui rischi delle eccessiva finanziarizzazione del sistema economico internazionale e dell’uso del dollaro statunitense come moneta universale. Cantlie fa riferimento ad alcune manovre eclatanti fatte da Russia e Cina che stanno accumulando oro e hanno iniziato a rifiutare i dollari ed euro come strumento di pagamento, Simili manovre, afferma il giornalista condurranno a «Guerre, implosione economica, deflazione cronica, e, forse, un nuovo sistema finanziario che emergerà dalle ceneri del precedente. Affidarsi all’oro di questi tempi ha senso». Nell’analisi si fa riferimento alla possibilità per gli stati nazionali di chiedere indietro la propria riserva aurea agli Stati Uniti d’America, come ha fatto il Venezuela, seguito a ruota da Svizzera, Ecuador, Paesi Bassi, Austria e Germania perché, afferma il giornalista britannico: «Per la prima volta in assoluto, tutte le valute del mondo sono valute legali ale cui spalle non c’è nulla. Quando arriverà il collasso, tutto si frantumerà…».