CUBA. Tra crisi economica e riforme incompiute

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Il 20 novembre 2022 il presidente cubano è volato a Mosca, per trattative con Putin e, tra le questioni in essere, l’apertura di un monumento a Fidel Castro. Il 23 novembre 2022 si apprende dalle fonti social media russe che la Russia ha rafforzato la sua partnership con Cuba.

I commenti nella social sfera hanno valutato i risultati dell’incontro tra il presidente russo Vladimir Putin e il suo omologo cubano Miguel Diaz-Canel Bermudez in questo modo: «Ciò minerà l’influenza degli Stati Uniti in America Latina. Di conseguenza, sarà più facile per entrambi i paesi impegnarsi nel commercio bilaterale e seguirà l’espansione della cooperazione tecnico-militare» chiosavano gli analisti on line.

Dopo tutto ripercorrendo la storia delle recenti sanzioni a Mosca e il loro iter in America Latina, il 7 ottobre 2022, i paesi latini si sono espressi così: Antigua e Barbuda, Bahamas, Barbados, Belize, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica, Ecuador, USA, Grenada, Guatemala, Guyana, Haiti, Giamaica, Panama, Paraguay, Perù, Repubblica Dominicana, Suriname, Saint Kitts e Nevis, Saint Lucia, Trinidad e Tobago, Uruguay hanno condannato l’attacco di Mosca a Kiev.

Mentre si sono rifiutati di condannare: Argentina, Bolivia, Brasile, Honduras, Dominica, Messico, Nicaragua, El Salvador, Saint Vincent e Grenadine. Di conseguenza, i paesi con governi di sinistra a cui si aggiungono i paesi più grandi che hanno relazioni commerciali significative con Russia e o Cina non hanno seguito l’esempio degli Stati Uniti. A questo si aggiungono quelli che hanno lasciato l’OSA come Cuba e il Venezuela, che sostengono la Russia.

Da quell’ottobre 2022 ad oggi, gli Stati Uniti stanno rincorrendo i paesi dell’America latina affinché consegnino all’Ucraina le armi russe in loro possesso e la risposta è sempre negativa. Nel frattempo i paesi che hanno detto “no” alla condanna per Mosca, hanno cominciato una serie di incontri bilaterali per sostenersi a vicenda. E stanno tutti aspettando il sostegno dei BRICS per poter dar vita a nuovi progetti di sviluppo visto che la via degli Stati Uniti è chiusa.

Cuba per esempio è tornata a stringere i suoi rapporti con il Venezuela. Il 25 gennaio scorso il presidente cubano è atterrato in Venezuela, per incontrare il presidente Nicolás Maduro. L’obiettivo era di «continuare a discutere e approfondire le linee strategiche e la cooperazione tra le due nazioni».

La visita del presidente cubano non era stata annunciata ed è stato ricevuto con gli onori militari da Maduro e da sua moglie.

Diversamente i rapporti con gli Stati Uniti registrano il consueto muro contro muro. Il 18 febbraio, il presidente Joe Biden ha nuovamente prorogato l’Emergenza Marittima Nazionale rispetto a Cuba e, quindi, il movimento delle navi registrate in quel Paese, che è in vigore da 27 anni, resta valido.

Una dichiarazione della Casa Bianca afferma: «L’ingresso non autorizzato di qualsiasi nave registrata negli Stati Uniti nelle acque territoriali cubane rimane dannoso per la politica estera degli Stati Uniti, perché tale ingresso potrebbe facilitare la migrazione di massa da Cuba».

Nuove misure sono poi state incorporate nell’emergenza nazionale, per impedire «il sostegno monetario e materiale al governo cubano» e rafforzare la sicurezza contro «minacce di conflitto nelle relazioni internazionali degli Stati Uniti con Cuba». In questo senso, la Casa Bianca ha aggiunto: «Il governo cubano non ha dimostrato che si asterrà dall’uso eccessivo della forza contro navi o aerei statunitensi che potrebbero partecipare ad attività commemorative o proteste pacifiche nel nord di Cuba».

È politica degli Stati Uniti considerare che una “massiccia migrazione da Cuba” minacci la sicurezza nazionale costituendo «un disturbo o una minaccia di disturbo delle relazioni internazionali». Il documento, firmato da Biden, afferma di «continuare con l’emergenza nazionale rispetto a Cuba e l’autorità di emergenza relativa alla regolamentazione dell’ancoraggio e del movimento delle navi».

Tale emergenza nazionale si rinnova ogni anno ed è notificata al Congresso degli Stati Uniti, dallo stesso presidente dopo essere stata pubblicata nel Federal Register.

Nonostante l’embargo, Cuba starebbe proseguendo a fatica la sua via per la modernizzazione, nella sessione parlamentare di dicembre 2023, è prevista l’approvazione della riforma del diritto commerciale. Un’indagine su quasi 600 aziende statali ha permesso alle autorità di discutere la portata, gli obiettivi e i principi di detta legge, i cui postulati non sono ancora stati resi pubblici.

Secondo lo stesso ministro dell’Economia cubano, Alejandro Gil Fernández, in tal senso rientrano i movimenti organizzativi e il decentramento, la tipologia, l’integrazione, il patrimonio, le forme associative o di espansione, il regime economico, l’autonomia, i rapporti finanziari con lo Stato, la partecipazione dei lavoratori, la gestione, la responsabilità sociale e il controllo e il controllo interno

In uno dei suoi discorsi alla stampa di stato, Gil ha dichiarato: «Questa legge contribuirà a mettere in atto molte cose relative alle sue missioni, governance, consigli di amministrazione, OSDE (organizzazione superiore di gestione aziendale), allocazione delle risorse, poteri per promuovere la promozione internazionale inserimento e creazione d’impresa con investimenti esteri, tra gli altri aspetti».

La bozza, «è in preparazione per sottoporla al vaglio della leadership del Paese», ha aggiunto il Ministro. Ricordiamo che la Costituzione cubana stabilisce all’articolo 27 che la società di stato «è il soggetto principale dell’economia nazionale», e se riconosce la sua autonomia nell’amministrazione e nella gestione, è ancora fortemente dipendente dalle decisioni e dai regolamenti stabiliti dalla direzione del paese.

Diversi economisti concordano sul fatto che la norma non dovrebbe generare grandi aspettative nella popolazione e negli uomini d’affari, poiché il conglomerato imprenditoriale cubano, con un gran numero di perdite, ha appesantito il tentativo di stabilizzare l’economia cubana.

La crisi economica di Cuba dopo tutto non è nuova ed è soprattutto ora che si è confermata amica della Russia è sotto le lenti dell’economia internazionale.

In un’intervista al quotidiano El País, l’economista cubano-americano Carmelo Mesa-Lago spiega che l’attuale crisi cubana è molto diversa da quella precedente subita negli anni ’90, poiché ha molteplici cause. «La crisi attuale non ha un’unica causa ma piuttosto molte intrecciate tra loro, ma la principale è l’inefficiente modello economico cubano e il fallimento delle modeste riforme di mercato attuate. Inoltre, si tratta di una crisi prolungata nel tempo, preceduta da una stagnazione dal 2009 al 2018, culminata in un forte calo del Pil nel 2019-2020».

Nella sua successiva indagine, l’autore ritiene che le politiche economiche applicate dalle autorità cubane siano insufficienti, poiché le 6.000 MPMI approvate rappresentano solo l’1% del numero di lavoratori autonomi che hanno piccole imprese.

Mesa-Lago ha sempre espresso la sua contrarietà al blocco economico degli Stati Uniti contro l’isola, ma ricorda che questa non è una giustificazione assoluta per tutti i problemi di Cuba. Un chiaro esempio che illustra nella sua ricerca sono gli “ostacoli economici” che le autorità hanno imposto al settore non statale: «A Cuba, la piccola espansione del settore privato è stata ostacolata da ostacoli burocratici, regolamenti, tasse pesanti e affronta l’incertezza creata dagli alti e bassi delle riforme. A Cuba, ad esempio, i professionisti (ingegneri, architetti, medici, ecc.) non possono esercitare la loro professione come individui, ma possono lavorare affittando una casa ai turisti, o come tassisti o ristoratori, il che incoraggia molti professionisti a lasciare i propri lavori statali che fruttano uno stipendio esiguo e passano al settore privato dove guadagnano molto di più, oppure lasciano il Paese», spiega.

Per l’Economista, «il modello sino-vietnamita ha la capacità di salvare Cuba dal caos attuale e dalla situazione che ha vissuto dagli anni ’90, e avviarla sulla via di uno sviluppo economico e sociale sostenibile».

Tra i paradossi della sopravvivenza di Cuba anche il settore investimenti all’estero. Dopo l’ampiamente pubblicizzata “invasione” di russi e ucraini in Serbia, sono arrivati gli investitori dal Brasile e da Cuba che iniziarono a stabilirsi a Belgrado. A differenza degli slavi, che acquistarono immobili di lusso, gli ospiti dell’America Latina affittano alloggi alla periferia della città.

«Queste non sono le persone che non hanno un posto dove mettere i loro soldi. Giovane, non più di 35-40 anni. Stanno cercando qualcosa di più economico, dato che ricevono piccoli stipendi. Questi non sono russi che sono venuti con i soldi e lavorano principalmente nel settore IT da casa», afferma Milyan di Ostruzhnitsa in un’intervista al portale Blitz. Secondo lui, i cubani affittano principalmente appartamenti di 50m2 per 150 euro e guadagnano circa 550 euro.

A Belgrado c’è ora un’enorme domanda di immobili a causa del gran numero di stranieri che sono venuti qui non solo come rifugiati, ma anche per lavorare per aziende straniere.

Maddalena Ingrao

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