Dove si racconta di come un libro autopubblicato da un militare di destra smascheri il cortocircuito in cui si è intubata la nostra cultura (di sinistra), e di come lo stesso sia anche una grande occasione per tutti i pensatori “liberi&eretici”.
Il testo “Il Mondo al Contrario” del Generale pluridecorato Roberto Vannacci diviene il caso dell’estate nello sfondo delle stanche settimane d’agosto della politica. Schlein e l’opposizione martellano in quei giorni su salario minimo, reddito di cittadinanza e cambiamento climatico. Che altro si può fare?
Ad esempio il 16 agosto sul sito de Repubblica (la più influente testata politica nazionale) esce un articolo bomba: “Infrastrutture, Salvini taglia i fondi al Sud per finanziare le opere del Nord. Più di due miliardi rimodulati”. Ma l’articolo ritorna il giorno dopo solo in forma ridotta, non firmato né sul cartaceo nè sull’online degli Elkan.
Il perché lo scrive Adriana Pollice su il Manifesto: “La notizia è del mese scorso ma a ritirarla fuori ieri è stata Repubblica: il 12 luglio alla Camera viene presentata un’interrogazione, primo firmatario il dem Marco Simiani, che chiede conto del documento del Mit datato 8 giugno”.
Lo “scoop” di Repubblica era dunque solo uno dei tanti nel cassetto e questa non notizia non prende il piede. Mannaggia, e quindi?
Quindi il giorno dopo ecco il Vannacci. È del 17 agosto l’articolo-recensione di Matteo Pucciarelli dal titolo: «“Cari omosessuali non siete normali”. Le sparate del generale dell’Esercito contro gay, femministe, ambientalismo e migranti». Il resto è cronaca estiva: arriva ira del web, Ministro della Difesa prende distanze, social si scatenano, il PDF del libro è virale, c’è preoccupazione Mattarella, c’è manina Putin.
Il caso gonfia le prime pagine per giorni e c’è chi fa un sondaggio sotto l’ombrellone: se il Vannacci formasse un partito varrebbe più di Renzi e Calenda.
Il libro “Il Mondo al Contrario” era uscito su Amazon il 10 agosto in versione Kindle ma fino al pezzo di Repubblica se ne parla solo in portali minori e/o legati al mondo della Difesa. Nessuno se ne occupa, tantomeno le testate di destra e il libro sta per essere fagocitato dallo spietato algoritmo della non conoscenza.
Ma il testo è perfettamente funzionale a chi ogni giorno per vendere deve generare indignazione a botte di politicamente corretto. Cosa di meglio di un generale di destra che divide la destra? È legittimo che un servitore dello stato esprima tali opinioni? Sì, no, forse.
Così il Vannacci va primo in classifica su Amazon (“Vende più di Harry Potter!”), fa più della neo defunta Murgia, nonostante il PDF circoli liberamente da giorni e la prosa da “caserma” (definizione dello stesso Vannacci).
Dunque gli italiani leggono libri! E i libri hanno ancora un potere politico! Il Vannacci apre spazi di libertà!
Chi ha vinto? Sicuramente Amazon, ma anche il generale e pure la Repubblica. Forse uno funzionale all’altro.
Chi ha perso? L’editoria e la cultura italiana “professionale”. Forse disfunzionale.
Il caso del Vannacci dimostra infatti che la sofferenza dell’editoria italiana negli ultimi anni dipende anche dal fatto che non è libera di esprimere idee.
Cortigiana e per questo faziosa, essa non può pubblicare pensiero libero e liberato in quanto rappresenta un presidio ideologico che macina esclusivamente idee legalizzate preconfezionate imballate retoriche prevedibili. È prigioniera di sé stessa e del suo senso di superiorità.
Ma il problema non riguarda il Vannacci, un non-scrittore, bensì i pensatori “eretici” di sinistra, spesso veri intellettuali, e tanti anarchici visionari che, al pari del dilettante militare di destra, non trovano spazio nell’editoria “professionale”.
Ricordiamo al volo che l’importante filosofo Giorgio Agamben viene definito “fuori sincrono” da ambienti vicini alla sua stessa casa editrice quando denuncia nei suoi scritti la follia autoritaria durante la pandemia. E che il celebre storico Alessandro Barbero, volto della divulgazione Rai, viene definito impazzito quando si pronuncia contro il green pass nelle università. Agamben e Barbero, due fuoriclasse non certo di destra, divengono improvvisamente argomento scabroso per i cortigiani della cultura allineata della sinistra unita.
Questa vicenda estiva più che rivelare l’ideologia di destra, rivela la gabbia ideologica in cui si è rinchiusa la sinistra, che da tempo non può esprimere opinioni libere pena auto censura e oblio dai suoi stessi salotti tv.
È prigioniera perché si è circondata di argomenti tabù: covid e vaccini, greenwashing e truffe ecologiste, nucleare, sondaggi sulla guerra, armi all’Ucraina, controllo digitale orwelliano, sconfitta del popolo e sua umiliazione, strapotere delle multinazionali, truffe dell’immaginario, fine della democrazia, dittatura dell’Europa, della finanza e dell’uno sulle moltitudini.
Recitare esclusivamente inoffensive litanie funzionali al sistema, dalle quali per principio non si può deragliare, ha determinato una “cultura” senza argomenti, senza idee, senza neanche più il pernacchio.
Il caso Vannacci è uno spartiacque. O l’editoria dopo anni di noia si sveglia e apre agli “eretici”, oppure i libri “social” e il “dilettantismo” di Amazon le daranno parecchie lezioni. Certo, senza il grande potere di Repubblica sul volano dell’immaginario italiota non sarebbe accaduto nulla, però va detto che il testo di un generale eretico comunista non avrebbe fatto notizia. Nel denunciare l’eresia di destra Repubblica è la prima a censurare quella di sinistra. E così, ridicolmente e malamente, questo cerchio estivo si chiude il 2 settembre: spento il caso Vannacci ecco su Repubblica l’intervista di Giuliano Amato su Ustica… e via così.
Riccardo Mazzon