#CRONACHEDELLIMMAGINARIO. Il trionfo dell’Impero immaginario (Americano)

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Si legge da più parti che gli USA sarebbero in declino, che il mondo multipolare avanza e che una nuova realtà geopolitica sta minando le fondamenta dell’Impero. Ma è davvero così? E perché non è così?

Esiste una nazione che da un secolo domina le altre ed è in grande, grandissima forma. Più soldi, più consumi, più energia. Un esercito che vale 4 volte tutti gli altri messi insieme, una moneta infinita che regola l’insieme delle altre, finanziarie dai capitali superiori decine di volte quelli dell’intero pianeta, servizi segreti e progettazione sociale di tale raffinatezza da determinare ogni respiro del mondo, un territorio vasto e in fondo ancora incontaminato, ricco, protetto. Un popolo ancora ottimista, libero, democratico e armato. Turisti padroni e assicurati.

Un potere planetario come nessun altro nella Storia: tecnologia, ricerca scientifica, università, software, chimica, fisica, matematica, medicina, ingegneria, biologia, cibo, terreni, geografia, progettazione, satelliti, investimenti, transumanesimo, consegne pizze ultrarapide a domicilio. Con la possibilità di sbagliare e di ricominciare giorno che passa.

La base del dominio USA del pianeta è però l’esclusivo dominio dell’immaginario.

Gli USA oggi più che mai regolano gran parte del web, quasi la totalità degli spostamenti in tempo reale di miliardi di sapiens, le transizioni elettroniche ufficiali, le blockchain, la cultura riconosciuta (Wikipedia), i social network e le App. Il Pianeta Terra via Google Earth, e la Luna sono americani. L’intero universo è monitorato da binocoli e sonde NASA. I dati sensibili di tutti gli “schiavi umani” sono americani. Americani i 4\5 miliardari eroi della modernità. Gli UFO sono americani.

Sono americani tutti gli alberghi e gli appartamenti (Booking), tutta la musica (Spotify), tutte le immagini di storia, natura e arte (Getty Images), il multiverso unico (meta), le carte di credito (il denaro è parte dell’immaginario), Microsoft, Apple, Neuralink, Instagram, Pinterest, WeTransfer, Twitter, facebook, Photoshop, PowerPoint, Linkedin…Tutti questi strumenti immaginari convergono in Google, cioè nel mondo progressivo digitale che è sempre più il tutto, e il tutto è americano.

Perciò sentir parlare di crisi dell’Impero stupisce, perché non è mai stato così forte e perfetto.

Il cuore del discorso è però la fiction.

Da John Wayne alle serie Netflix, Amazon, etc…miliardi di fotogrammi al secondo quotidiano ci fanno amare gli USA. Che sono cultura e controcultura insieme. Sono la NASA e la Terra piatta. La fiction americana è fatta di eroi americani che combattono il male americano. La cavalleria che ammazza i vietcong è buona perché l’eroe del film soffre per amore di una Apache. I poliziotti che combattono i corrotti sono i martiri di un sistema che “purtroppo” si ritiene immutabile per via della security. Stanlio&Ollio sono buffi omosessuali alle prese con un progresso che è anzitutto americano.

Bugie complotti violenze psicofarmaci risate e horror, la fiction americana trae forza narrativa da ciò che denuncia. E crea in questo modo antidoti a sé stessa, assolve tutti, produttori e consumatori. Questa la chiave che ci fa amare l’Impero, nell’anima.

James Bond è inglese, ha come nemici i russi, non l’Inghilterra. Nella fiction americana invece, gli eroi di sit-com e fantasy, i buoni insomma, che sono sempre dei soldati, combattono sempre i mali interni dell’America, come a risolvere un problema insolvibile ed eterno, dato, immutabile. Per questo noi spettatori amiamo l’America divoratrice.

Se bene e male sono per forza e sempre più umani, ma se questi sono sempre più americani, significa che la realtà stessa non può che essere americana. Dal passato al futuro.

È vero che tutto questo immaginario riguarda ormai quasi solo l’occidente – prima vittima è infatti l’Europa – e che ormai l’Occidente non possiede più il motore produttivo del Pianeta, ma la potenza dell’immaginario USA è come una divinità cui ogni essere umano non può che piegarsi adorante steso a terra. O sul divano.

Questa la potenza. Questa la forza.

NOTA FINALE

L’analogo processo si può vedere sintetizzato nella grande stagione del cinema italiano anni 50/70 che ha prodotto centinaia di film universali e seminali ma sempre critici sull’Italia del boom. Lo testimoniano le citazioni continue di Tarantino e i premiati “Parasite” e “Triangle of Sadness”, che sono film molto Italia anni ’60. Tutti film definitiscioccanti”. Quindi l’Italia è stata genialmente autoreferenziale e ha prodotto senso proprio e solo nel momento del suo successo economico. Esattamente come da decenni fanno gli USA con Hollywood, da Buster Keaton & Chaplin all’infinito.

Riccardo Mazzon

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