Quello dei biocombustibili è un mercato in crescita: si stima infatti che la produzione annuale nel mondo aveva raggiunto i 9,57 miliardi di tonnellate nel 2010, con una lieve crescita del 5,5% nel 2011. I residui della preparazione del caffè possono rappresentare una fonte abbondante, economica nonché ecologica di biocombustibile per l’alimentazione dei veicoli.
Lo sostengono ricercatori dell’Università del Nevada a Reno in uno studio pubblicato online dal Journal of Agricultural and Food Chemistry, organo dell’ American Chemical Society’s (ACS). Nel corso dello studio, i ricercatori sono partiti dalla considerazione che il maggior ostacolo alla diffusione del biocombustibile è la mancanza di materia prima di alta qualità e basso costo. La materia prima è di varia natura: vengono utilizzati oli soia, di palma, di arachidi e altri oli vegetali, nonché grassi animali e anche dai residui oleosi delle fritture dei ristoranti. Sulla stessa linea anche il Ministro dell’Ambiente Corrado Cliniche ieri ha dichiarato: «I biocarburanti di seconda generazione sono un pezzo delle fonti rinnovabili: la direttiva europea prevede che entro il 2020 il 10% di carburanti sia biocarburante. La tecnologia sta sperimentando soluzioni diverse dal passato e mettendo a punto sistemi che consentono di ricavare il bioetanolo valorizzando il contenuto di cellulosa che c’e’ in ogni matrice di biomassa». E grazie alle nuove tecnologie si possono sviluppare le coltivazioni in zone marginali con un doppio risultato: «rappresentare materia prima per i biocarburanti e garantire la manutenzione di suoli che altrimenti sarebbero abbandonati». Lo ha detto il Ministro dell’Ambiente Corrado Clini a margine della presentazione della pensilina fotovoltaica installata dal Dipartimento Ambiente di Roma Capitale.