Ma che fine ha fatto la app di tracciamento COVID 19? Era la notte tra il 29 e il 30 aprile quando, tra chi la vuole e chi no, il Consiglio dei ministri approva il decreto Bonafede e approva le regole sulla privacy relative all’utilizzo dell’app Immuni, una app che funziona con il contact tracing. «Nessuna conseguenza per chi decide di non utilizzare l’app, da installare su base volontaria. La piattaforma sarà realizzata esclusivamente con infrastrutture italiane. Il database verrà cancellato alla fine dell’emergenza Covid e comunque entro il 31 dicembre 2020. Tutela della privacy e no alla geolocalizzazione». Così battevano le agenzie di stampa il 30aprile.
Immuni serve, in sostanza a rintracciare sotto forma di anonimato, attraverso i soli cellulari che sono predisposti ad installare l’app, chi è positivo al COVID-19. A spiegare il suo funzionamento gli stessi sviluppatori nel sito ufficiale di immuni.
«Immuni è una soluzione tecnologica che si basa su un’applicazione per smartphone iOS e Android. Ci aiuta a combattere l’epidemia di COVID-19 notificando il più presto possibile agli utenti a rischio di portare il virus, anche quando sono asintomatici. Questi utenti possono quindi isolarsi per evitare di contagiare gli altri e chiedere un parere medico. La progettazione e lo sviluppo di Immuni si basano su sei principi fondamentali: utilità, accessibilità, accuratezza, privacy, scalabilità e trasparenza. È dotato di un sistema di notifica dell’esposizione che sfrutta il Bluetooth a bassa energia: Quando due utenti si avvicinano sufficientemente l’uno all’altro per un tempo sufficientemente lungo, i loro dispositivi registrano l’identificatore di prossimità mobile dell’altro nella memoria locale. Gli identificatori di prossimità rotanti sono generati da chiavi di esposizione temporanee e cambiano più volte ogni ora. Le chiavi di esposizione temporanea sono generate in modo casuale e cambiano una volta al giorno. Quando un utente risulta positivo al test SARS-CoV-2, il virus che causa COVID-19, ha la possibilità di caricare su un server le proprie chiavi di esposizione temporanea recenti. Questa operazione può avvenire solo con la convalida di un operatore sanitario. L’applicazione scarica periodicamente le nuove chiavi di esposizione temporanea e le utilizza per ricavare gli identificatori di prossimità degli utenti infetti per il recente passato. Quindi confronta gli identificatori con quelli memorizzati nel dispositivo e notifica all’utente se si è verificata un’esposizione a rischio. Il sistema non utilizza alcun dato di geolocalizzazione, compresi i dati GPS. Quindi, l’app non è in grado di dire dove è avvenuto il contatto con un utente potenzialmente contagioso, né l’identità delle persone coinvolte. Per implementare la sua funzionalità di notifica dell’esposizione, Immuni sfrutta il framework di notifica dell’esposizione di Apple e Google. Ciò consente a Immuni di essere più affidabile di quanto sarebbe altrimenti possibile. Oltre alle chiavi di esposizione temporanea, l’app Immuni invia al server anche alcuni dati analitici. Questi includono informazioni epidemiologiche e operative, e sono inviati allo scopo di aiutare il Servizio Sanitario Nazionale a fornire un’assistenza efficace agli utenti. Immuni si sta sviluppando prestando molta attenzione alla privacy degli utenti e sono state adottate diverse misure per proteggerla. Ad esempio, l’applicazione non raccoglie dati personali che possano rivelare l’identità dell’utente, come il nome, l’età, l’indirizzo, l’e-mail o il numero di telefono».
La prima nota dolente di questa App è che chi non ha uno smartphone non può scaricarla e quindi la maggior parte degli over 70, quelli più a rischio, non potranno installarla nei loro cellulari, oppure tutti ci dovremmo dotate di uno Smartphone. Eppure, stando ai sondaggi dell’Università Cattolica di Cremona sono i soli, gli anziani, ad amarla. I giovani non ne vogliono sapere anche perché immuni per loro è sinonimo di limitazione della liberà personale e di movimento. Abruzzo, Liguria, Marche e Puglia sono state le regioni pilota e gli errori ad oggi segnalati non sono mancati.
Dal 3 giugno è possibile scaricare gratuitamente l’app negli store google e apple. In Italia ad averla scaricata sono in pochissimi si aggirano intorno ai 5 milioni anche se negli ultimi giorni i trend è in aumento. Circa il 13% della popolazione che poteva installare immuni perché dotati della giusta tecnologia, il 9% del totale.
Perché la app abbia un senso compiuto per il monitoraggio della diffusione del Covid 19, bisogna che almeno il 40% della popolazione la installi sul suo cellulare. Ma non è finita c’è anche chi ha pensato di andare a vedere l’efficacia europea di queste App, compresa immuni, e non siamo nemmeno vicino alla sufficienza.
Secondo AlgorithmWatch: l’efficacia sarebbe dubbia e a volte mancherebbe anche la trasparenza. L’organizzazione no-profit con sede a Berlino sottolinea come l’uso dell’automazione nei processi decisionali durante l’emergenza sanitaria avrebbe prodotto risultati discutibili. «La nostra è un’analisi che cerca di restituire un quadro di massima dell’impiego di processi automatici per affrontare il covid, iniziando dalle app per il tracciamento della prossimità», spiega Fabio Chiusi, uno dei firmatari della ricerca che copre sedici Paesi dell’area europea. Dalla Svizzera alla Norvegia, dalla Spagna alla Grecia fino all’Italia, per AlgorithmWatch gli strumenti tecnologici messi in campo sono stati realizzati con troppa fretta senza pensare ai rischi che potrebbero comportare. AlgorithmWatch nasce dalla volontà di «valutare e far luce sui processi decisionali algoritmici che hanno una rilevanza sociale», ovvero su tutti quei sistemi digitali che vengono impiegati per prevedere o indirizzare l’azione umana o ancora che possono prendere decisioni automaticamente.
Secondo l’organizzazione no profit non c’è un pericolo Cavallo di Troia sul modello cinese, questo però non significa che va tutto bene. In ogni caso il vero flop è quello istituzionale: «In realtà per funzionare davvero dovrebbero queste app avrebbero dovuto esser istallate da almeno metà della popolazione e questo non è avvenuto da nessuna parte anche se per motivi diversi. In Inghilterra, Liechtenstein e Norvegia, le cugine di Immuni sono state abbandonate perché sviluppate male o per l’essersi dimostrate troppo invasive. In Italia siamo ancora a cinque milioni di download, che significa il 13 per cento degli italiani che la possono istallare. La situazione è migliore in Germania dove CovApp è stata scaricata da un quarto della popolazione, che però è ancora poco. La francese Stop Covid invece non ha superato i due milioni di utenti. In Belgio useranno il modello tedesco e la app dovrebbe vedere la luce a fine settembre. In Estonia potrebbe arrivare prima, così come in Olanda. Più che il fallimento tecnologico, almeno allo stato attuale, il quadro che emerge dalla ricerca è una conferma da un lato della poca fiducia nelle istituzioni che ha generato un tasso elevato di diffidenza, dall’altro il miraggio di avere un’app volontaria istallata su più della metà degli smartphone in ogni Paese. Obbiettivo davvero difficile da raggiungere».
L’altro dato di cui nessuno vuole parlare è quello dell’utilità di questa app, come ci racconta in una lunga intervista Umberto Rapetto non serviva creare un app, bastavano gli strumenti già in circolazione e soprattutto serve a creare una centralizzazione dei dati raccolti. Ovvero dare in gestione per un periodo limitato i dati allo Stato che li tiene per sé e solo per uso sanitario.
Regola questa che va in contrapposizione con le normative comunitarie che chiedono una decentralizzazione dei dati e quindi un conferimento dei dati che rimane in pancia al cellulare. Con tutti i pericoli annessi e connessi. Il fatto è che il dato sanitario è il futuro della scienza medica.
Ma la domanda vera è? Perché non si è sviluppato un sistema di indagine sul territorio nazionale attraverso i test su scala nazionale visto che il test sierologico costa poco? O cercare di fare quello con i tamponi? Invece di costruire ospedali che ora sono, per fortuna vuoti. Perché non potenziare la produzione di tamponi e reagenti In Italia? Materiali che vengono comprati spesso all’estero? Perché era necessario passare attraverso il controllo degli spostamenti delle persone?
E ancora: una volta che la app rileva il possibile malato questo a chi viene affidato? Di solito a nessuno. Spesso le Asl tardano inviare personale sanitario per il tampone, e si rischia di rimanere bloccati a casa per salute ma non si è malati. E ancor più grave a volte si è malati e il sistema sanitario non provvede comunque a fare gli approfondimenti opportuni.
Chiunque vada in questi giorni nei laboratori privati si accorgerà del gran numero di persone che sono in attesa del test sierologico, indispensabile per rientrare al lavoro dopo le ferie in aree considerate a rischio. E quindi ancora una volta si registra il collasso del Sistema Sanitario Nazionale che ha investito male anche i soldi dei contribuenti convertendoli in strutture sanitarie non necessarie.
Infine ma non certo ultimo il passaggio dal tracciamento analogico, ovvero il test-intervista del medico, rispetto a quello digitale, ovvero quello del cellulare meriterebbe un dialogo e un approfondimento etico. Quanto una macchina può sostituire le capacità, l’esperienza, le conoscenze del medico? Quanto un’azienda che raccoglie informazioni sanitarie ha il diritto di interferire con la mia sfera personale?
Graziella Giangiulio e Antonio Albanese
LE STORIE
COVID 19, L’altra storia. Luca, incubo immuni
Luca ha 24 anni e nella sua comitiva, romana, l’età viaggia dai 24 ai 27 anni. Siamo in vista dell’estate e dopo mesi confinati in casa c’è voglia di vita: quella vera però, quella che ti fa incontrare, vedere parlare, decidere di andare, decidere di mangiare insieme, ballare, toccarsi e perché no se ci scappa anche una bella avventura. A lui piacciono le bionde, finte o vere non importa, basta che abbiano i capelli biondissimi. Al suo migliore amico, Mario, che a volte scambiano per fratello, piacciono i mori, belli e palestrati. La loro è una storia di amicizia che va avanti dall’asilo, Luca e Mario hanno litigato a tre anni per la seggiolina gialla e alla fine dopo lunghe trattative con maestre annesse hanno deciso di dividerla due ore a testa. Tutti i giorni per tre anni.
Ed è così che loro fanno, per ogni cosa, si mettono seduti, oggi di fronte a una birra rossa e discutono, a volte per ore, a volte senza ricavarne un ragno dal buco e comunque se ne parla. Non è necessario stabilire chi ha torto o ragione, l’importante è stabilire una discussione per arrivare ad una trattativa.
Il 16 aprile quando il commissario per l’emergenza Covid 19 Domenico Arcuri ha tirato fuori dal cilindro magico la app, Immuni, Luca e Mario non hanno ben capito come funzioni ma è una app, che diamine! Funzionerà come tutte le app!
Hanno cominciato a discuterne in video chiamata. Luca non ne vuole sapere, Mario la vuole per tutta Italia è una questione di senso civico e di responsabilità. Dopo tanto discuterne hanno deciso che al primo incontro de visu ne avrebbero parlato meglio
Siamo così arrivati al 3 giugno, al solito baretto di quartiere:
Mario: Allora lo capisci o no che questo virus va controllato? Vuoi restare in casa tutta la vita?
Luca: Senti Mario, io non ne vedo l’utilità della app, c’è il GPS, ci sono le app di Google, quelle di iPhone, potrei andare avanti per ore. Perché serve una nuova App? Se una App mi cerca il ristorante più vicino perché non può dirmi se ci sono casi in zona?
Mario: Sei la solita capra impunita! Una App per la salute deve essere fatta da chi si occupa di sanità, e non da chi ricerca un ristorante. Ci sono dati sensibili, la SALUTE capisci?
Luca: Capisco talmente bene che ti dico che Bending Spoon non si è mai occupata di sanità. Eppoi c’è un dato tecnico che non convince: ma il tracciamento di chi è malato a quanti metri lo fa il Bluetooth? Voglio dire, no, ascoltami!
Mario: ma l’hai visto quello! Scusami! A quanti metri? E che ne so? Ma perché è così importante?
Luca: e chi sarebbe la capra? Tu? O Io? Allora per la distanza sociale io e te dobbiamo tare a un metro e mezzo di distanza, all’aperto no? ma il Bluetooth a quale distanza rileva un possibile malato di covid?
Mario: e che ne so io? Io so che è un mio dovere civico e lo voglio fare
Luca: e io so che fino a che non mi garantiranno la sicurezza e la capacità di questa app io non la scarico
Mario: io invece lo faccio subito anche perché diversamente mia madre scassa, e mi dice che senza app non mi fra girare per Roma
Luca: e dillo subito no? Ho conosciuto una tipa in chat ci esco domani sera e tu?
Mario: anche io devo uscire con uno ma non so… mi piace ma sai… in chat va sempre tutto bene
Luca: cretino! Escici e parla con tua madre!
Luca comincia a uscire con Elena una favola, Mario non ha convinto sua madre e così per uscire con Andrea ha scaricato l’App. I due si vedono meno ma si sentono ogni giorno.
Fintanto che il 20 giugno è successa la catastrofe.
Mario era al mare con Andrea, una passeggiata sul pontile, stranamente in giro non c’era quasi nessuno. È rimasto un’ora a fissare negli occhi Andrea che parlava, parlava, non si ricorda nemmeno che cosa gli ha detto. Ma è bellissimo. La serata è finita in pizzeria poi tutti a casa, Andrea deve cominciare a lavorare in farmacia molto presto. Nessun bacio, solo qualche carezza, così tra un aggiustamento di mascherina ed un’altra, tutto fatto a norma di regola, altrimenti mamma chi la sente! Peccato, sarebbe stato proprio bello baciarlo.
Durante la notte a poche ore dalla serata arriva sul cellulare di Mario una notifica, un alert, con un codice da comunicare al medico di base. Mario non riesce più a dormire, lui sta bene, non ha parlato con nessuno e non ha passato tempo con nessun altro che con Andrea e lui immuni non l’ha. Non sa che fare, e così, sveglia Luca.
Mario: cazzo! Mi è arrivato l’alert
Luca: coglione ti sei preso il covid?
Mario: IMPOSSIBILE!!
Luca: come fai a dirlo?
Mario: Distanza sociale: rispettata, mascherina: rispetta, e-poi sono stato a contatto solo con Andrea e lui la app non l’ha installata
Luca: Quanto a contatto?
Mario: Coglione! Ti pare il momento di scherzare?
Luca: Scusa. Comunque domani devi comunicare il dato alla Asl. Sai che panico tua madre!
Mario: Non me lo dire!
Luca: Coglione! Vai a dormire ti chiamo domani.
Mario: stronzo! Notte … ah… grazie tu ci sei sempre
Luca: non ci vengo a casa tua domani. Ti chiamo !
Alle 09.00 Luca è a casa di Mario le battaglie si combattono insieme. Ma Mario questo già lo sapeva. Insieme chiamano il medico di base. Comunicano il codice, e da lì scattano i domiciliari. La madre di Mario cerca di ragionare con l’impiegato della Asl chiedendo un tampone urgente per il figlio. E per tutta risposta l’impiegato gli dice: non siamo mica in Germania? Tenga suo figlio a casa, se può, per 15 giorni
Le disposizioni sanitarie per gli amici di Luca non sono state molto precise se non quelle di stare in una quarantena responsabile e di comunicare al medico di base il fatto che hanno avuto contatti con un possibile COVID 19.
Luca decide di fare privatamente l’esame sierologico ci va con Andrea, tutto bene. Ma questo lo sapevano entrambi, nessuno di loro è stato a contatto con i malati.
Mario ha casa sente di impazzire: È estate e io sono qui, l‘unico coglione a casa, che non può nemmeno fare un cazzo di tampone per provare che è sano!
Luca: beh male male non ti è andata: Andrea vive da te con il consenso di mamma, e tra 10 giorni puoi disinstallare l’incubo immuni!