COREA DEL NORD. In mezz’ora un ICBM di Kim colpirebbe gli USA. Parola di Pechino

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Un team di scienziati della difesa di Pechino ha dichiarato di aver simulato un attacco missilistico balistico intercontinentale contro la terraferma degli Stati Uniti da parte della Corea del Nord.

Secondo la simulazione, il missile nordcoreano potrebbe colpire il centro degli Stati Uniti in 1.997 secondi, ovvero circa 33 minuti, se la rete di difesa missilistica statunitense non riuscisse a intercettarlo, riporta Scmp.

Studi simili condotti da scienziati cinesi in passato non hanno solitamente nominato Paesi o luoghi specifici, soprattutto quando i risultati sono stati resi pubblici.

La ricerca riguarda l’ipotetico lancio dell’Hwasong-15 della Corea del Nord, un missile lanciato per la prima volta nel 2017. Si tratta di un missile a due stadi, a capacità nucleare, con una gittata effettiva di 13.000 km «sufficiente a colpire l’intero territorio nazionale degli Stati Uniti», ha dichiarato il team cinese guidato da Tang Yuyan, dell’Istituto di ingegneria dei sistemi elettronici di Pechino, un istituto di ricerca di punta dell’industria cinese della difesa aerospaziale.

Nella ricerca pubblicata da Tang e dai suoi colleghi sulla rivista in lingua cinese Modern Defence Technology il 15 febbraio, un missile Hwasong-15 viene lanciato da Sunchon, una città della provincia di South Pyongan, nella Corea del Nord centrale. Il suo obiettivo è Columbia, nello stato centrale degli Stati Uniti del Missouri, piccola città americana con una popolazione di circa 120.000 abitanti.

Il quartier generale della difesa missilistica statunitense avrebbe ricevuto un allarme circa 20 secondi dopo, secondo il team cinese. Il primo gruppo di missili di intercettazione decollerebbe entro 11 minuti da Fort Greely in Alaska. In caso di fallimento, un’altra ondata di intercettori verrebbe lanciata dalla base spaziale di Vandenberg, in California.

Se la testata nordcoreana abbia colpito il suo obiettivo rimane una questione aperta, ma la simulazione ha suggerito che l’attuale rete di difesa missilistica degli Stati Uniti ha delle lacune nel suo sistema di “kill chain” per identificare e difendere da un attacco che potrebbe essere sfruttato da un avversario, secondo il team di Tang.

L’esercito cinese ha seguito a lungo una strategia difensiva, organizzandole sue esercitazioni principalmente nel Pacifico occidentale e in altre aree vicine. Ma negli ultimi anni è cresciuto l’interesse della Cina a portare una guerra – se dovesse accadere – sul suolo statunitense. All’interno della Cina, questa evenienza è considerata interessante a causa della crescente attività militare degli Stati Uniti in aree come il Mar Cinese Meridionale, lo Stretto di Taiwan e la penisola coreana.

Uno studio dell’intelligence militare cinese di gennaio, ad esempio, ha indicato i potenziali obiettivi statunitensi per i colpi con armi ipersoniche. Lo studio, guidato da Yu Jintao del dipartimento di intelligence dell’Air Force Early Warning Academy di Wuhan, ha affermato che una prima ondata di attacchi lanciati dalla Cina potrebbe prendere di mira la Beale Air Force Base nella contea californiana di Yuba e la penisola di Cape Cod, sede di alcuni dei più grandi radar terrestri degli Stati Uniti.

Secondo gli ufficiali dell’intelligence cinese, queste strutture sarebbero vulnerabili alle armi ipersoniche, in grado di volare intorno al globo, di manovrare in modo imprevedibile e di colpire a una velocità superiore a cinque volte quella del suono.

Una distruzione tempestiva «ritarderebbe l’azione dell’avversario, ridurrebbe le sue capacità di intercettazione antimissile e farebbe guadagnare alla Cina un vantaggio strategico», hanno dichiarato Yu e i suoi colleghi in un articolo pubblicato su Tactical Missile Technology.

Il team di Tang ha dichiarato che lo scopo principale del loro studio era quello di valutare quanto il sistema di difesa missilistico statunitense potesse proteggere gli Stati Uniti.

Secondo le loro simulazioni, il sistema potrebbe funzionare efficacemente contro i missili balistici tradizionali, come l’Hwasong-15. I ricercatori sono stati colpiti soprattutto dal grado di ridondanza, che consente alle forze armate statunitensi una maggiore flessibilità nel rispondere a minacce difficili.

Gli Stati Uniti affermano che la Cina potrebbe avere un missile ipersonico in grado di colpire le sue basi nel Pacifico.

«Ad esempio, il Comando settentrionale e Fort Greely sono dotati di unità di controllo del fuoco antimissile di media gittata a terra che fungono da backup l’una per l’altra (…) Alcuni importanti archi di rilevamento di preallarme hanno una copertura doppia, o addirittura quadrupla, e possono essere selezionati più tipi di armi difensive per una singola intercettazione», scrivono Tang e il suo team nel documento.

Ma anche contro un avversario relativamente piccolo e debole come la Corea del Nord, il sistema non era perfetto, secondo lo studio. La modellazione del team ha rilevato che le piattaforme di sorveglianza statunitensi esistenti nello spazio, nell’oceano e a terra potevano talvolta perdere le tracce del missile coreano, soprattutto durante l’ascesa e la discesa nel volo intermedio.

Se la Corea del Nord lanciasse un certo numero di missili con più di 40 testate o esche, il sistema di difesa missilistico statunitense sarebbe sopraffatto, secondo i loro calcoli.

Antonio Albanese

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