CINA. Tra le maglie della rete social appare la denuncia del caos totale a Wuhan

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La rete social cinese, seppur controllata, ha trovato il modo di far vedere la situazione presente nella megalopoli di Wuhan, città che è tra i principali snodi commerciali della Repubblica popolare, con una popolazione 11 milioni di persone (più di New York), cui aggiungere le aree limitrofe, oggi interamente sigillata, a causa della polmonite di Wuhan, come si legge in molti post apparsi nella rete.

Quello che viene fuori, al di là della retorica e della propaganda anestetizzante del governo centrale, è una città che a stento riesce a garantire il minimo di assistenza ospedaliera e dove molta gente resta in casa seppur malata, non rientrando quindi nel conteggio e nelle statistiche ufficiali. 

Giornalisti indipendenti vedendo i video fioccati nella rete sule più diverse piattaforme social li commentano in un solo modo: caos totale. «Sembra esserci il caos totale, dalla leadership centrale del Partito Comunista Cinese, alla provincia di Hubei, alla municipalità di Wuhan, fino al livello del villaggio», ha detto Gao Yu, giornalista indipendente di Pechino, «La situazione negli ospedali è insopportabile da osservare», prosegue Gao, ripreso da Rfa.

Dai video ancora reperibili sulla rete si può notare che molti residente di Wuhan, si sono infettati dopo aver creduto alla dichiarazione iniziale delle autorità sanitarie secondo cui il virus non era trasmissibile tra le persone: «La propaganda del governo diceva allora che non c’era trasmissione da uomo a uomo, quindi nessuno pensava di poterlo prendere (…) Ora anche il personale medico lo sta prendendo», riporta Rfa.

La sottovalutazione dell’emergenza ha anche un risvolto giudiziario. Otto persone sono state convocate e interrogate dalla polizia il 1° gennaio per “procurato allarme”, si direbbe in Italia, sul virus: secondo l’amministratore delegato di Weibo, Wang Gaofei, si trattava di medici che lavorano, ancora oggi, in prima linea per combattere l’epidemia: «Se il pubblico avesse ascoltato questa voce, e avesse iniziato a indossare maschere e a disinfettare tutto… oggi saremmo in una situazione migliore», ha scritto Wang su Weibo.

La Corte Suprema del Popolo ha recentemente deciso che non verrà mossa alcuna accusa contro gli 8 medici, ha detto attraverso il suo account Weibo: «Si è scoperto che, sebbene il nuovo tipo di polmonite non sia la Sars, il contenuto pubblicato dalle persone interessate non è completamente inventato», ha detto la Corte. Una rara ammissione di colpa del sistema. 

L’ex direttore dell’Istituto cinese di educazione sanitaria del ministero della Sanità, Chen Bingzhong, riporta Rfa, ha detto che se questi medici fossero stati ascoltati invece di essere convocati dalla polizia e accusati di aver diffuso delle voci allarmanti, l’epidemia avrebbe potuto essere meglio controllata: «Ogni volta che c’è una grande emergenza, il primo passo che il governo fa è sempre quello di mantenere la stabilità. Viene prima di ogni altra cosa. Questo tipo di tragedia si ripeterà a meno che il sistema non venga cambiato (…) Coloro che hanno ricchezza e potere si preoccupano dei propri interessi».

Altra voce che è rimasta inascoltata è stata quella dei tassisti di Wuhan. I tassisti, occhi e orecchie della città, parlavano di una malattia simile alla Sars in relazione al mercato di Huanan, luogo dell’esplosione del fenomeno già alla metà di dicembre. Ne parlarono sulle loro chat, molti consigliavano di non andare nell’area e non vi portavano clienti, ma anche loro non sono stati creduti, anzi. 

Le autorità sanitarie, politiche e partitiche di Wuhan hanno continuato a negare che il coronavirus fosse trasmissibile tra gli esseri umani fino all’inizio di questo mese; salvo poi arrendersi di fronte al fenomeno e ammettere almeno parzialmente le proprie responsabilità di fronte all’intervento del governo centrale.

Luigi Medici