Un rapporto del Congressional Research Service – Crs, pubblicato agli inizi di marzo, sulle capacità navali della Cina cita l’opinione di alti comandanti statunitensi secondo cui l’arsenale cinese di missili balistici antinave, Asbm, può colpire obiettivi in movimento, chiudendo efficacemente alla marina americana un’area di mille miglia dalla costa cinese.
Il rapporto afferma che: «Il 3 dicembre 2020, la stampa ha dichiarato che l’ammiraglio Philip Davidson, il comandante del Comando Indo-Pacifico degli Stati Uniti, “ha confermato, per la prima volta da parte del governo degli Stati Uniti, che l’Esercito Popolare di Liberazione della Cina ha testato con successo un missile balistico antinave contro una nave in movimento”. Si dice che la Cina stia anche sviluppando veicoli a planata ipersonica che, se incorporati negli Asbm cinesi, potrebbero rendere gli Asbm cinesi più difficili da intercettare», riporta AT.
Se i missili cinesi possono effettivamente colpire dalla costa le navi americane ad una distanza di 1.500 chilometri o più, gli Stati Uniti non hanno alcun modo efficace di difendere Taiwan contro un potenziale sbarco armato cinese.
Alcuni analisti statunitensi propongono di posare mine nello stretto di Taiwan, o di dotare Taiwan di molti missili antinave basati a terra. Preparativi di questo tipo, però, inviterebbero a nozze i cinesi e potrebbero far precipitare l’azione militare piuttosto che frenarla. La Cina ha ora tra 750 e 1.500 Asbm a corto raggio con 250 lanciatori, tra 150 e 450 missili balistici a medio raggio con 150 lanciatori, e tra 80 e 160 missili a lungo raggio con 80 lanciatori, secondo il Center for Strategic and International Studies. Il missile a raggio intermedio DF-21 ha una portata di 1.500 chilometri e il missile a lungo raggio DF-26 può raggiungere obiettivi a 4.000 chilometri di distanza.
La base aerea americana sull’isola di Guam è a 3.000 chilometri dalla costa cinese, ben all’interno della portata del DF-26. La base statunitense di Kadena, «l’unica base aerea principale degli Stati Uniti nel raggio d’azione non rifornito dello stretto di Taiwan», secondo un rapporto della Rand Corporation, è a 816 chilometri da Shanghai, ben all’interno della portata dei missili cinesi a raggio intermedio.
Le navi da guerra americane hanno sistemi anti-missile per distruggere le minacce in arrivo. Ma i sistemi americani esistenti possono essere sommersi da sbarramenti di missili che possono sopraffare le difese. Nessun sistema antimissile esistente, inoltre, è equipaggiato per difendersi dai veicoli ipersonici. Il rapporto Crs afferma: «La marina cinese è vista come una grande sfida alla capacità della Marina degli Stati Uniti di raggiungere e mantenere il controllo bellico delle aree oceaniche d’acqua blu nel Pacifico occidentale – la prima sfida del genere che la Marina degli Stati Uniti ha affrontato dalla fine della guerra fredda (…) La marina cinese è un elemento principale di una sfida cinese allo status di lunga data degli Stati Uniti come principale potenza militare nel Pacifico occidentale. Alcuni osservatori statunitensi stanno esprimendo preoccupazione o allarme per quanto riguarda il ritmo dello sforzo di costruzione navale della Cina e le linee di tendenza risultanti per quanto riguarda le dimensioni e le capacità relative della marina cinese e della marina statunitense».
Entro il 2030, secondo il Crs, la Cina avrà 425 navi da combattimento, rispetto a un totale attuale di meno di 300 per gli Stati Uniti: «Lo sforzo di modernizzazione militare della Cina, compreso lo sforzo di modernizzazione navale, è finalizzato a sviluppare capacità per affrontare militarmente la situazione con Taiwan, se necessario; per raggiungere un maggior grado di controllo o dominio sulla regione del mare vicino alla Cina, in particolare il Mar Cinese Meridionale; per far rispettare il punto di vista della Cina che ha il diritto di regolare le attività militari straniere nella sua zona economica esclusiva marittima di 200 miglia; per difendere le linee commerciali di comunicazione marittima della Cina, in particolare quelle che collegano la Cina al Golfo Persico; per spostare l’influenza degli Stati Uniti nel Pacifico occidentale; e per affermare lo status della Cina come potenza regionale leader e una grande potenza mondiale».
Antonio Albanese