«Noi non vogliamo guerre commerciali, ma saremo preparati per rispondere attivamente (…) per tutelare gli interessi delle imprese cinesi» ha detto Wang Hejun, responsabile degli uffici commerciali del ministero del Commercio cinese, al quotidiano Economic Information Daily.
Le osservazioni del dirigente cinese sono state una risposta alle recenti tariffe esorbitanti imposte da Stati Uniti e Unione europea sull’acciaio cinese.
L’autorità del commercio degli Stati Uniti ha stabilito all’inizio di questo mese che gli importatori di acciaio fabbricato in Cina dovranno pagare tasse fino a 190,71 per cento e imposte antidumping fino al 76,64 per cento. La Commissione europea alla fine del mese di gennaio ha deciso di riscuotere dazi su prodotti dell’acciaio cinese, con tassi che variano tra il 30,7 per cento al 64,9 per cento.
Per l’industria siderurgica della Cina, con un margine di profitto medio dal 5 al 10 per cento, simili tasse sono più che sufficienti per portare le imprese cinesi completamente fuori dai mercati d’oltremare, riporta Xinhua.
«Il commercio globale si sta deteriorando e diventerà ancora peggiore nel 2017», ha detto Wang, prevedendo che i prodotti di acciaio e alluminio cinesi continueranno ad essere i principali obiettivi delle inchieste commerciali.
Il più grande esportatore del mondo, infatti, sta sentendo il peso del crescente protezionismo che arriva durante una debole ripresa economica globale.
Gli esportatori cinesi hanno subito un record di indagini sul loro commercio: 119 avviate da 27 paesi o regioni nel 2016, un aumento del 36,8 per cento a partire dal 2015. I casi coinvolti riguardano 14,34 miliardi di dollari statunitensi di beni, in crescita del 76 per cento annuo.
In questa maniera, le esportazioni cinesi del 2016 sono scese del 2 per cento, e le importazioni in lieve crescita dello 0,6 per cento; mentre il suo surplus commerciale è sceso del 9,1 per cento.
«Il protezionismo sta diventando sempre più pesante, non solo a causa della impennata delle inchieste commerciali, ma anche a causa del disprezzo e dell’abuso delle regole stabilite dal Wto da pare di alcuni suoi membri, che hanno ulteriormente aggravato la situazione internazionale», ha detto Wang.
Per imporre tariffe sui prodotti cinesi, gli Stati Uniti e l’Ue usano ancora i costi di produzione calcolato per un paese terzo per calcolare il valore dei prodotti provenienti dalla Cina.
Questa pratica avrebbe dovuto terminare alla fine del 2016, in base ad accordi stipulati quando la Cina ha aderito al Wto nel 2001. Ma gli Stati Uniti hanno rifiutato di concedere alla Cina lo status previsto e l’Ue ha proposto nuove restrizioni che legalizzano la precedente pratica.
Lucia Giannini