Oggi la Cina è la seconda economia più grande del mondo, una delle prime cinque insieme a Stati Uniti, Giappone, Germania e Regno Unito.
Ma come il Giappone Novanta del Novecento, la sua economia è a un bivio: le somiglianze tra la Cina di oggi e il Giappone della fine del 1991 sono inquietanti.
La fenomenale crescita economica del Giappone era stata alimentata da una miscela di investimenti pubblici, manodopera a basso costo e crescita trainata dalle esportazioni, insieme a qualcos’altro a cui all’epoca non veniva dato abbastanza credito: il continuo aumento dei prezzi immobiliari, riportano AT e The Conversation.
Quando quei prezzi crollarono, il Giappone entrò in quello che è noto come il Decennio perduto. Si è trattato di un decennio in cui l’economia è cresciuta a malapena, nonostante i tassi di interesse estremamente bassi, sfociando in una seconda fase, anch’essa decennale, in cui l’economia cresceva a malapena, anche se i tassi di interesse erano diventati negativi.
Queste somiglianze tra la Cina di oggi e il Giappone dei primi anni ’90 sono molto inquietanti, ne facciamo una breve e rapida disamina.
Debito aziendale: la rapida crescita della Cina è stata accompagnata da un’impennata del debito, sia nel settore aziendale che tra i governi locali. Proprio come il Giappone con le sue “aziende zombie”, la Cina si trova ad affrontare una sfida simile con le imprese statali che per il momento continuano a operare nonostante i pesanti oneri del debito, contando sul sostegno del governo.
Istituzioni finanziarie: il settore bancario cinese, come quello giapponese negli anni ’90, è fortemente esposto a prestiti in sofferenza.
Decelerazione della crescita economica: dagli anni ’90 al 2010 la crescita economica annuale cinese è stata raramente inferiore al 10%. Dopo il Covid, ha trascorso gran parte del tempo al di sotto del 5%, aumentando la prospettiva di cali verso lo zero, come sperimentato di tanto in tanto dal Giappone nel corso del suo Decennio perduto.
Invecchiamento e diminuzione della popolazione: sia la popolazione cinese che quella giapponese stanno diminuendo, nel caso della Cina a causa della limitata immigrazione e delle conseguenze della politica del figlio unico, e nel caso del Giappone a causa della limitata immigrazione e del calo del tasso di natalità ben al di sotto del livello di sostituzione. In Giappone, la percentuale della popolazione di età pari o superiore a 65 anni è aumentata dall’8% al 30% dal 1980. In Cina, la percentuale è aumentata dal 4% al 14%. In entrambi i casi la percentuale crescente di cittadini anziani significa una maggiore riserva di risparmio da investire, ma in entrambi i casi molto viene investito all’estero dove i rendimenti sono spesso migliori.
Come le partecipazioni incrociate hanno assicurato che i crediti inesigibili del Giappone permeassero l’economia molto più a lungo di quanto avrebbero dovuto, il sistema cinese di enti pubblici e privati intrecciati minaccia di fare la stessa cosa.
Maddalena Ingrao