CINA. Cresce il numero dei jihadisti che rientrano nel paese

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Il numero di jihadisti bloccati mentre rientrano in Cina è aumentato nel 2016. Questo aumento implica la crescita della minaccia jihadista, in particolare nella regione del Xinjiang.

Secondo quanto riporta South China Morning Post il numero di jihadisti arrestati ai confini della Cina nel 2017 era più di 10 volte superiore al numero del 2016: circa 30.000 jihadisti che avevano combattuto in Siria hanno lasciato lo Sham per tornare nei loro paesi d’origine, compresa la Cina. Secondo recenti studi, il Xinjiang stava affrontando “gravi” minacce terroristiche.

La Cina è sempre più attenta agli attacchi terroristici fin dalla seconda metà del 2015, quando lo Stato islamico si è palesato in Asia centrale e nel sud-est asiatico, riuscendo a creare teste di ponte nelle Filippine e in Indonesia. Nel mese di novembre, l’ambasciatore siriano in Cina, Imad Moustapha, ha detto che circa 5.000 militanti cinesi, per lo più uiguri dello Xinjiang, sarebbero stati addestrati in Siria.

Pechino ha accusato i militanti del Movimento islamico del Turkestan orientale degli attacchi registrati nella provincia occidentale.

Ma gli uiguri in esilio e gruppi per i diritti umani hanno sempre ribadito che l’intenso giro di vite del governo per la sicurezza nello Xinjiang, come le restrizioni sulla lingua, la cultura e la religione degli uiguri, ha alimentato il risentimento e ha spinto più di 10.000 uiguri a fuggire dalla Cina. La Cina ha aumentato la sicurezza nello Xinjiang dopo i disordini nella capitale, Urumqi, nel 2009.

Oltre a numerose esercitazioni antiterrorismo con le vicine nazioni dell’Asia centrale sotto l’egida dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, la Cina ha anche invitato la Turchia e le nazioni del sud-est asiatico a combattere i gruppi estremisti islamici. La Cina e la Turchia hanno firmato un trattato di estradizione l’anno scorso, quando il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha partecipato al forum di Pechino sulla “Belt and Road Initiative”; ma la cooperazione tra Pechino e Ankara è ancora limitata.

La Cina ha, inoltre, intensificato gli sforzi antiterrorismo con i paesi del sud-est asiatico: la Thailandia ha rispedito decine di uiguri in Cina nel 2015 e Pechino ha chiesto all’Indonesia di estradare i terroristi uiguri.

Anche i progetti cinesi all’estero, come ad esempio il corridoio economico Cina-Pakistan, stanno affrontando minacce di attacchi terroristici; l’allarme lanciato dai diplomatici cinesi in Pakistan è degli inizi dell’anno ed è molto chiaro: attacchi contro obiettivi cinesi nel paese.

Antonio Albanese