CINA. Cresce di nuovo del 7,2% del PIL la spesa per la Difesa

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La spesa annuale per la Difesa della Cina è destinata a crescere di un altro 7,2% quest’anno, ben al di sopra dell’obiettivo di crescita economica del paese di “circa il 5%”. L’aumento della Difesa porterà il bilancio per il 2024 a quasi 1,67 trilioni di yuan.

Il ministero delle Finanze cinese ha presentato il 5 marzo il suo piano di bilancio annuale al Congresso nazionale del popolo, lo stesso giorno in cui il premier Li Qiang ha presentato il rapporto di lavoro del governo e ha ribadito la ferma posizione di Pechino su questioni come la sicurezza di Taiwan e Hong Kong, riportano Nikkei e AF.

Il ritmo dell’espansione militare corrisponde alla spesa preventivata sotto la supervisione dell’ex premier Li Keqiang lo scorso anno. Si tratta del terzo anno consecutivo in cui le spese per la difesa crescono di oltre il 7%, anche se l’economia continua a rallentare.

Nel progetto di bilancio, il ministero delle Finanze ha definito l’aumento della difesa come uno dei “settori chiave” con “impegni obbligatori”, insieme al progresso tecnologico, alla rivitalizzazione rurale e alla protezione dell’ambiente.

Il Ministero ha sottolineato che il continuo aumento è in linea con la “piena attuazione del pensiero di Xi Jinping sul rafforzamento delle forze armate”. La bozza del documento sottolinea che il Ministero “fornirà maggiori garanzie finanziarie per gli sforzi volti a modernizzare la nostra difesa nazionale e le forze armate su tutti i fronti, e consoliderà e migliorerà le strategie nazionali integrate e le capacità strategiche”.

La spesa per la Difesa costituisce una parte fondamentale del bilancio nazionale cinese e rappresenta circa il 40% della spesa complessiva prevista dal governo centrale di 4.152 trilioni di yuan. Il denaro stanziato per l’esercito è circa 10 volte superiore al budget per l’istruzione e quasi cinque volte superiore all’importo stanziato per la scienza e la tecnologia.

Il ministero delle Finanze ha dichiarato che la spesa per la difesa è una “priorità”, mentre continua a tagliare le altre spese generali e ad agire “nel rigoroso rispetto delle norme che limitano la spesa”.

La Cina è seconda solo agli Stati Uniti nella spesa militare e ha rafforzato le sue forze armate mentre aumentano le tensioni con Washington e i suoi alleati. Il presidente Xi Jinping ha sottolineato l’importanza di prepararsi al centenario della fondazione dell’Esercito popolare di liberazione nel 2027.

I dettagli dell’ultima espansione del bilancio della difesa non sono stati resti noti, ma si ritiene che l’obiettivo sia quello di recuperare il ritardo con gli Stati Uniti, colmando al tempo stesso il divario nelle capacità nucleari potenziando altre armi convenzionali.

Il premier Li, nel suo discorso, ha promesso uno sforzo a tutto campo per migliorare le capacità militari. “Nei governi a tutti i livelli forniremo un forte sostegno allo sviluppo della difesa nazionale”, ha affermato. 

Nello stesso contesto di sicurezza, Li ha esposto l’ultima posizione di Pechino su Hong Kong. Il premier ha sottolineato che Pechino mantiene il suo impegno ad “attuare pienamente, fedelmente e risolutamente” il quadro “un paese, due sistemi”, con il popolo di Hong Kong che amministra la città con un alto grado di autonomia. Tuttavia, il quadro di autonomia si è indebolito, soprattutto da quando Pechino ha imposto una legge sulla sicurezza nazionale nel giugno 2020, e Li ha anche sottolineato il “principio” secondo cui Hong Kong deve essere gestita da “patrioti”, principio” non facente parte della dichiarazione congiunta firmata nel 1984 con il Regno Unito e quindi non prescritto nella Legge fondamentale, la costituzione della città, che rientra nel progetto di sviluppo economico finanziario della Greater Bay Area.

Li non ha menzionato comunque le pressioni in corso a Hong Kong per introdurre una legge sulla sicurezza nazionale più completa, nota come Articolo 23.

Per Taiwan, Li ha sostanzialmente ereditato le linee del suo predecessore, toccando l’aderenza al controverso “Consenso del 1992” , un presunto tacito accordo tra l’ex governo del Kuomintang di Taiwan e il Partito Comunista Cinese secondo cui entrambi i lati dello Stretto di Taiwan riconoscono che esiste “una Cina”, e ciascuna parte ha la propria interpretazione di ciò che “la Cina ” significhi. Il Consenso non è accettato dall’attuale amministrazione del Partito Democratico Progressista di Taiwan, guidato da Tsai Ing-wen e dal vicepresidente che presto le succederà, Lai Ching-te.

Con alcune lievi modifiche alla formulazione precedente, Li ha promesso di voler portare avanti la causa della riunificazione della Cina senza ingerenze esterne.

Tommaso Dal Passo 

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